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11 novembre 2021
Gremio dei Sarti, la cappella ha di nuovo l´altare
L’altare ligneo settecentesco della cappella del Gremio dei Sarti, a Santa Maria di Betlem, torna al suo antico splendore e alla sua originaria ubicazione a 13 anni dal crollo
SASSARI - L’altare ligneo settecentesco della cappella del Gremio dei Sarti, a Santa Maria di Betlem, torna al suo antico splendore e alla sua originaria ubicazione. A 13 anni dal crollo con conseguente chiusura della cappella e a quattro anni dall’avvio del restauro, l’antico manufatto di inestimabile valore culturale, storico e artistico è stato svelato oggi in anteprima ad autorità e partner che hanno reso possibile la ricostruzione, mentre domenica 14 novembre la cerimonia di benedizione seguirà la celebrazione eucaristica delle 11.30 per la festa piccola con cui il Gremio onora il compatrono Sant’Omobono.
Il restauro è finito a inizio 2020, insieme alla ristrutturazione della cappella – la seconda a sinistra della navata – poi è iniziata la ricomposizione dell’altare al suo interno, che da poco gli specialisti incaricati dalla Soprintendenza per conto del Ministero hanno dichiarato conclusa. La storia del restauro è stata ripercorsa in una conferenza stampa nella biblioteca del convento dei Frati Minori di Santa Maria di Betlem dal presidente del Gremio dei Sarti, Marco Sanna, dal direttore dei lavori, l’architetto Giuseppe Palmieri, dal responsabile del restauro, l’architetto Giorgio Auneddu Mossa, dal responsabile della sicurezza, l’architetto Agostino Sotgiu, e dal guardiano del convento, padre Salvatore Sanna. Ad ammirare il lavoro in anteprima l’assessore della Cultura del Comune di Sassari, Nicola Lucchi, e Salvatore Rubino, vicepresidente della Fondazione di Sardegna, principale finanziatore dell’operazione da 60mila euro, insieme a numerosi attori sociali, culturali ed economici cittadini.
L’altare fu commissionato nel Cinquecento dai francescani alla bottega di Contena per Sant’Antonio, ma poi venne acquisito dai Sarti per la Madonna di Montserrat, loro patrona. La vicenda del restauro è iniziata a fine anni Novanta, quando emerse l’infestazione di termiti. Nel 2009, dopo il cedimento del frontone e di alcune colonne, l’altare è stato smontato e ricoverato al primo piano del convento, dove i restauratori hanno lavorato in base a uno studio filologico per identificare i materiali e risalire a tecniche di esecuzione, motivi ornamentali, vernici impiegate e strumenti utilizzati dagli artigiani dell’epoca. Al complesso smontaggio aveva partecipato una squadra proveniente dalla Grecia specializzata in grandi strutture lignee. Mentre l’altare era ricoverato si è sanata l’origine dell’umidità che aveva inzuppato il legno e favorito i parassiti. In alcune parti l’altare era cavo, fatto che ha complicato il trasporto e reso necessario il consolidamento. Per riposizionarlo, invece, l’altare è stato ancorato alla parete di fondo con una struttura metallica che lo rende stabile e ne evita il contatto col muro.
«Per i Sarti è una giornata storica», dice il presidente del Gremio, Marco Sanna. «A 13 anni dal crollo si completa l’opera frutto della volontà e tenacia di gremianti e portatori, che hanno voluto restaurare l’altare e restituirlo ai sassaresi», aggiunge. «Dal 2008 al 2013 dell’altare ci si è dimenticati, chi di dovere non ha fatto niente», stigmatizza Sanna, che poi ricorda il ruolo prezioso di Giuseppe Palmieri, l’architetto «che ha seguito il restauro dal primo passo ed è stato vicino al Gremio per guidarlo nel disegno del progetto, molto articolato, e nella sua realizzazione». Sanna ringrazia l’ex sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, «che da socio onorario del Gremio si è dato molto da fare per favorire il restauro», la Fondazione di Sardegna, «il cui finanziamento da 40mila euro è la parte più importante del budget a nostra disposizione», ma anche «il Rotary Club Sassari, Giovanna Campus e Carlo Antero Sanna, che ci hanno aiutato concretamente a concludere l’opera», e Giuseppe Peddio, «che ha progettato e realizzato il ponteggio per riposizionare l’altare». L’ultimo grazie è per il restauratore Giorgio Auneddu Mossa, «che ha lavorato sull’altare con maestria e competenza, riportando alla luce un’opera d’arte altrimenti dispersa per sempre», e per i frati di Santa Maria, in primis Padre Salvatore e Fra Maurizio, «per la disponibilità e la pazienza sino alla fine del progetto».
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