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Carlo Mannoni 28 ottobre 2021
L'opinione di Carlo Mannoni
Gabella, gabellieri e gabellati a Punta Giglio
<i>Gabella, gabellieri e gabellati a Punta Giglio</i>

Non sbagliavo di certo, nella scorsa primavera, quando su questo giornale scrivevo che per Punta Giglio era in corso una vera e propria privatizzazione della parte di territorio di maggior valore paesaggistico del compendio, attraverso un’operazione commerciale, e quindi speculativa, posta in essere dal privato concessionario. Era già riprovevole che ciò accadesse, non solo perché si trattava di un’area pluritutelata da vincoli imperativi imposti per la sua conservazione ambientale e naturalistica, ma anche per il suo essere “bene comune” per l’uso indisturbato e ossequioso del luogo, nel tempo, da parte della comunità locale e non solo. Tuttavia non pensavo, allora, che si potesse arrivare a tanto, ovvero ciò a cui ci è stato dato assistere in questi ultimi giorni. Mi riferisco, innanzitutto, alla ormai definitivamente disvelata finzione del “museo”, una spruzzatina di “funzione pubblica” generosamente attribuita, col patrocinio convinto del Parco, all’intero investimento per connotare di “pubblico” un’intrapresa che di pubblico non ha praticamente alcunché.

Sono bastate le foto dell’anonimo e disarmante bar (in stile “Bar del Giambellino” del mitico Cerutti Gino, attualizzato ai giorni nostri) con le scritte in stile fascista sovrastanti che, isolate dal contesto originario e quindi storico, hanno perso la loro funzione di testimonianza di un passato tragico per assurgere a irridenti e urticanti richiami fuori contesto. C’è stato più d’uno che, pur da iniziale sostenitore a distanza dell’intervento, ha dovuto storcere amaramente il naso alla vista del disarmante bar ristorante e del cartello posto all’esterno della ex casermetta, nello stile di una trattoria rustica dei Castelli romani o di un anonimo dopolavoro, con il menù del giorno trascritto col gesso su una lavagnetta. Sin qui l‘esemplare vicenda in cui, come ho già scritto altre volte, gli interstizi delle leggi e dei regolamenti si sono talmente allargati da consentire all’uomo – inteso come umanità egoista – di occupare stabilmente un luogo, di fatto antropizzandolo, che chiedeva e ha sempre chiesto solo di restare come è sempre stato, ovvero un santuario della natura e luogo dell’anima. Oggi però l’ultima, da lasciarci quasi increduli. D’ora in poi i non residenti che vorranno recarsi alla falesia percorrendo la strada che conduce alla casermetta dovranno pagare, per il solo transito, la gabella di cinque euro, quattro dei quali resteranno al concessionario. Se sono stati 22.000, in questi anni, i visitatori medi della falesia nei mesi di punta (fonte Parco di Porto Conte), 12.000 dei quali certamente turisti, i conti sono presto fatti: il concessionario avrà una “rendita” da capitale naturalistico di 48.000 euro annue (ma è un valore espresso per difetto).

Per visitare gli impianti della ex batteria pagheranno invece tutti, residenti o meno, con tariffe differenziate da cinque a otto euro, trattenute per l’ottanta per cento dal concessionario. Lo ha stabilito il Parco con un contratto di “partenariato” con la cooperativa Quinto Elemento, nominando quest’ultima sul campo “gabelliere del re”. Chiunque d’ora in poi vorrà visitare la falesia e gettare anche solo uno sguardo distratto sulle batterie, aggirandosi tra esse per carpirne le straordinarie novità rispetto a ciò che è sempre stato sino alla scorsa primavera, dovrà quindi pagare la “gabella” imposta dal clone dello sceriffo di Sherwood, altra rendita finanziaria da capitale naturalistico niente male. Una nuova imposta sul valore aggiunto naturalistico e culturale (presunto ovviamente) in salsa algherese col beneplacito della politica locale che, o guarda distratta, o addirittura plaude all’evento. Che aggiungere se non che in questa vicenda oltre al gabelliere e alla gabella ci sono ovviamente i gabellati, ovvero gli appartenenti a una comunità inascoltata che ha assistito e assiste a una vicenda che definirla paradossale è assai poco.

*già assessore ai Lavori Pubblici e vicepresidente della Giunta regionale Sarda



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