Carlo Mannoni
9 agosto 2021
L'opinione di Carlo Mannoni
Un amico, specchio dell’avanzare del tempo
Ho scritto questa riflessione su facebook nel mese di aprile, in piena pandemia e prima della vaccinazione. La ripropongo ai lettori di Alguer.it nella calura estiva quando molti, che durante l'anno vivono lontano da Alghero, vi ritornano d'estate. È l'occasione degli incontri e dei rendiconti con gli amici di un tempo. Ci si parla e ci si scruta: un altro anno è passato e i nuovi segni sul nostro corpo ne sono la testimonianza. I nostri amici sono lo specchio dell'inesorabile avanzare degli anni come noi lo siamo per loro. A me succede durante tutto l'anno con un vecchio amico ed ecco il pezzo su facebook a lui dedicato di cui vi parlavo.
"Lo scruto spesso dalla finestra, scostando appena la tendina per non farmi scorgere. Parcheggia sotto casa mia, nel piazzale a lui riservato, e io lo osservo mentre scende dalla macchina e fa rientro a casa. Ne scruto i movimenti, la postura del corpo, il ritmo dei passi. Lo faccio da più di venticinque anni, da quanto sono venuto ad abitare nei pressi della sua abitazione. Non sono un investigatore né un guardone, osservo solo una persona conosciuta nel suo progredire nell’età. Lui è un amico di vecchia data ma ci sentiamo e parliamo raramente, solo in occasione di qualcuno dei nostri sporadici incontri. La città non è un paese e un quartiere non è la via di un paesello dove tutti, al mattino, si salutano affacciandosi sull’uscio di casa. Ma ci vogliamo sempre bene, lo so per certo, e ce ne vorremo sempre e la stima reciproca, nata all’Università di Sassari negli anni ’60, è rimasta sempre uguale.
L’ho osservato anche in questa mattina di primavera. È ancora agile e si muove con passo svelto e deciso. Non ha mai fatto sport, almeno credo, ma ha sempre mantenuto un fisico magro e asciutto. Quasi ottant’anni, caspita! Cammina ritto e leggero, certo, ma gli anni ci sono e si vedono, come certifica il suo berretto calato costantemente sul capo perché, a una certa età, ci si infreddolisce e ci si preserva. E poi, a osservarlo meglio, il ritmo del suo passo è assai meno tonico di quello di una volta, con qualche forzatura nell’avanzare e certe vibrazioni del corpo che l’età evidenzia. L’età, ecco, è tutto lì il problema. Sarebbe bastato confrontare la mutevole immagine dell’amico in tutti questi anni con quella di tanti anni fa per rendermi conto che il tempo è passato lasciando, non solo sul suo corpo, segni irreversibili.
Ma non ho mai voluto farlo forse per timore di vedere in lui me stesso. Ed è ciò che ho scoperto oggi, nel lampo di un’intuizione. È anche me che, inconsciamente, cercavo e vedevo in lui. Osservando lui, guardavo in realtà me stesso, specchiandomi nel progredire della sua età. “Preservati, amico mio”, gli ho augurato col pensiero questa mattina, ma parlavo anche a me stesso e, in questo periodo, tale augurio vale più del doppio”.
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