Red
30 giugno 2021
Traffico illecito materiale archeologico: denunce
Sono trentaquattro le persone deferite in stato di libertà al termine dell´Operazione “Dea Madre”, indagine coordinata dal procuratore capo del Tribunale di Lanusei Biagio Mazzeo, che ha visto sul campo l´azione dei Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Lanusei, del Nucleo Tutela patrimonio culturale di Cagliari, degli agenti del Commissariato di Pubblica sicurezza di Lanusei e del Nipaf dell´Ispettorato forestale di Lanusei
LANUSEI - Sono trentaquattro le persone deferite in stato di libertà al termine dell'Operazione “Dea Madre”, indagine coordinata dal procuratore capo del Tribunale di Lanusei Biagio Mazzeo, che ha visto sul campo l'azione dei Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Lanusei, del Nucleo Tutela patrimonio culturale di Cagliari, degli agenti del Commissariato di Pubblica sicurezza di Lanusei e del Nipaf dell'Ispettorato forestale di Lanusei. Tanti i capi d'accusa, dall'associazione per delinquere all'uscita o esportazioni illecite, dalla ricerca archeologica senza concessione tramite scavi clandestini e impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato alla contraffazione di opere d'arte, dalla ricettazione al furto aggravato, dall'estorsione alla coltivazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, dalle minacce aggravate e danneggiamento a seguito di incendio all'uso o sottrazione di cose sottoposte a sequestro, fino a favoreggiamento personale e inosservanza delle prescrizioni cautelari imposte all'Autorità giudiziaria.
L'indagine è scattata nell'agosto 2016, dopo un intervento delle Forze dell'ordine in un nuraghe in località Orzili, nelle campagne di Arzana, e la Procura di Lanusei ha predisposto un team interforze per contrastare l'emergente e radicato fenomeno di ricerca e commercio illecito di reperti archeologici, provenienti da scavi clandestini effettuati in diversi siti nuragici sardi. Durante le indagini, sono emersi chiari elementi che indicavano l'esistenza di diverse associazioni a delinquere sparse nell'Isola (Arzana, Baronia e Cagliari), tutte collegate tra loro. L'indagini, oltre a svelare l'organigramma delle organizzazioni, ha anche permesso di ricostruirne le ramificazioni. Già dal contenuto delle prime conversazioni è emersa la distinzione dei diversi gruppi, autonomi nell'operatività e nella modalità di ricerca e scavo, ma con la stessa comunione di intenti e di interscambiabilità degli oggetti per la loro immissione sul mercato. I partecipanti risultano essere legati da un vincolo associativo molto solido, che li ha portati a commettere diversi reati, mantenendo continui contatti.
L'indagine ha permesso di far scoprire altre condotte illecite che inserivano alcuni indagati in un contesto criminale più ampio e grave, dal traffico di armi clandestine e munizioni, a furti e rapine. Da li la scelta investigativa, d'intesa con il procuratore, di dare priorità alle indagini “Diablo” e “Diablo secondo tempo”, che tra gennaio e dicembre 2018 hanno portato agli arresti di capi e gregari dell'associazione per delinquere arzanese. Le migliaia di intercettazioni hanno evidenziato come gli indagati eseguissero ricerche archeologiche clandestine per poi canalizzare i reperti sul mercato estero (in particolare in Francia), dove venivano ricettati e, molto probabilmente, riciclati grazie a un ogliastrino dimorante proprio in Francia. Tante le perquisizioni effettuate durante l'indagine, che hanno permesso il recupero di diversi reperti archeologici che, sottoposti a esame tecnico-scientifico dai funzionari delle Soprintendenze di Cagliari e Sassari sono stati valutati di notevole interesse storico e scientifico. Tra questi, il sequestro di un sito archeologico nella proprietà di un indagato di Isili (un “museo a cielo aperto”, come definito dagli indagati nelle intercettazioni), importantissimo obiettivo finalizzato al contrasto del reato.
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