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Red 28 maggio 2021
Scuola ai tempi del Covid: questionario
La Terza D del Liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Alghero ha proposto un questionario on-line con l’intento di applicare gli strumenti imparati a scuola nell’ambito delle scienze umane e con l´obiettivo di fare emergere i vissuti degli adolescenti frequentanti le scuole superiori durante questo periodo di emergenza
Scuola ai tempi del Covid: questionario

ALGHERO – La Terza D del Liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Alghero ha proposto un questionario on-line con l’intento di applicare gli strumenti imparati a scuola nell’ambito delle scienze umane e con l'obiettivo di fare emergere i vissuti degli adolescenti frequentanti le scuole superiori durante questo periodo di emergenza. L’indagine ha riguardato prevalentemente l’ambito scolastico e i vissuti emotivi degli adolescenti. Il questionario è stato assolutamente anonimo, con domande chiuse in modo da coinvolgere rapidamente un numero elevato di studenti. Lo scopo della Terza D è dimostrare le difficoltà dei ragazzi in periodo di emergenza e le grandi difficoltà allo studio che hanno affrontato in Dad. Il campione preso in esame ha riguardato 685 studenti delle Superiori dai 13 ai 20 anni (62percento ragazze e 38percento ragazzi). «Il nostro interesse – spiegano gli alunni dell Terza D - nasce dal fatto che gli adolescenti e le scuole sono state spesso il fanalino di coda delle priorità del Governo». L’82percento dei soggetti ha vissuto il periodo di pandemia con entrambi i genitori, il 47 anche con i propri fratelli e l’11,8 con i nonni. Sebbene non risiedesse nella stessa abitazione, il 74,9percento degli adolescenti ha evidenziato come le amicizie li abbia aiutati a superare questo momento, il 60 per merito delle famiglie, la musica è stata di grande aiuto per il 63,5 e il 42,5 ha trovato conforto nei social. Nessun aiuto invece arriva dalla classe insegnante (solo il 3percento afferma di avere ricevuto un sostegno dai propri insegnanti). La necessità di rimanere sempre connessi ha portato a un incremento dell’uso del telefono per il 78percento dei ragazzi, probabilmente legato al sentimento di isolamento vissuto durante quel periodo.

Durante il primo lockdown, le scuole hanno attivato una modalità di fare lezione fino ad allora sconosciuta, la Dad. Ma casa non ci sono i compagni, manca la complicità tra i banchi di scuola, stare attenti alle lezioni è più difficile, mentre distrarsi è facilissimo. Il passaggio dalle lezioni in presenza a quelle a distanza ha sconvolto in modo significativo la vita degli studenti e delle loro famiglie, creando un rischio potenziale per il benessere mentale. Un brusco cambiamento nell’ambiente di apprendimento e le limitate interazioni e attività sociali hanno generato una situazione insolita per lo sviluppo cognitivo. Ma forse non si tratta solo di una sensazione: gli studi hanno dimostrato che eccessivo attaccamento, disattenzione e irritabilità sono le condizioni psicologiche più gravi negli adolescenti. Infatti, è emerso che il 35,6percento degli studenti considera la Dad. una soluzione poco utile, il 45,4 la considera abbastanza utile, il 9,6 per nulla utile e il 9,3 molto utile. Secondo il 63,7percento dei partecipanti all'indagine la Dad è più stressante, e questo porta a una riflessione: Nonostante la distanza con i compagni è emerso che i rapporti non siano cambiati, probabilmente (ma si può solo supporre) hanno trovato il modo di rimanere in contatto. Poco o per nulla invece sono cambiate le relazioni con gli insegnanti. Dato significativo riguarda invece la difficoltà nel fare i compiti: il 27,7percento trova molto difficoltà e il 29,2 ritiene sia abbastanza difficile. A questo si lega la percezione degli studenti che ci sia un sovraccarico di compiti. Nella nota del 17 marzo 2020, il Ministero ha evidenziato un altro aspetto importante, una sorta di principio al quale i docenti o meglio i Consigli di classe devono attenersi: «occorre evitare sovrapposizioni e curare che il numero dei compiti assegnati sia concordato tra i docenti, in modo da scongiurare un eccessivo carico cognitivo». I docenti del Consiglio di classe, dunque, avrebbero dovuto prestare molta attenzione nell’assegnare i compiti, concordandoli con i colleghi del Consiglio di classe, per non caricare cognitivamente gli allievi. Forse questo non è stato fatto.

L’analisi delle motivazioni si intreccia con quella delle emozioni, perché sono la componente emotiva (tristezza, paura, noia, rabbia) che connota la sensazione di carenza o mancanza da cui scaturisce l’azione. Se l’emozione è troppo forte, diventa paralizzante, blocca l’azione e l’obiettivo non viene raggiunto. Un calo di motivazione da parte degli alunni e disinvestimento nella scuola. Ritrovarsi a casa a studiare, avere come referenti didattici i genitori (esposti a un ruolo non loro), perdere la routine sociale e l'incontro con i pari, ha fortemente leso lo spirito motivazionale con cui ci si approccia allo studio. Questo calo di motivazione deve essere preso subito in considerazione per non cronicizzare un disinvestimento nella scuola che rischia di minare il futuro del singolo e della comunità in cui è inserito. La scuola è anche il luogo materiale di rapporti umani, tra coetanei e tra adulti e ragazzi, è il luogo in cui si struttura la dimensione della socialità. Può finire per alimentare un isolamento che nella crescita porta, oltreché a problematiche specifiche inevitabili, ad un individualismo esasperato che mal si concilia con lo spirito comunitario e sociale. Dalla ricerca, emerge che il 58,8percento dei partecipanti afferma che la motivazione allo studio è peggiorata. Ci si chiede quindi ancora di più se la Dad debba essere una pratica fine a sé stessa. Il sovraccarico di compiti si fa sentire più di prima, perché la giornata dei ragazzi si articola tra le lezioni al pc e i compiti pomeridiani assegnati quotidianamente. Prima c’erano attività complementari come la musica e lo sport. che scandivano gli intervalli: ora ci sono lezioni e compiti.

Gli adolescenti della ricerca si sono visti privati del loro contesto sociale, privati di ogni genere di attività portata avanti fino a quel momento, il che ha generato una serie di vissuti emotivi nei ragazzi che vanno dalla noia (74,9percento), alla rabbia (30,5), al senso di solitudine (43,5), alla tristezza (46,4), al senso di distrazione (42,8). Frequentare i propri pari non è solo uno svago per preadolescenti e soprattutto adolescenti, ma una vera e propria esigenza evolutiva, perché permette di realizzare gradualmente, attraverso il confronto e l’identificazione con il gruppo di coetanei, la costruzione della propria identità separata da quella dei genitori. Più della metà ha avuto pensieri negativi e il 73percento ha un forte desiderio di riprendere in mano la propria vita. L'isolamento forzato, la reclusione obbligata in un ambiente che l’adolescente sente stretto, hanno generato un carico cognitivo, un aumento di stress, ansia, preoccupazione e rabbia che può portare al compimento di scelte drastiche come il suicidio. E’ una necessità per l’adolescente avere intorno a sé dei punti di riferimento stabili, indispensabili per il suo processo di crescita. La risposta degli adulti forse non è stata adeguata e non ha saputo essere di esempio per ragazzi confusi e spaventati. Il 49,3percento ritiene che intorno a loro ci sia un ambiente stressato e sommato al 25,3 è sicuramente un dato importante. Oltre alla paura del contagio, probabilmente la crisi e la disoccupazione a impattare sulla serenità di casa.

L’ultima domanda è molto importante per la ricerca e afferma che i ragazzi, quando pensano al futuro, provano paura. «Quello che stiamo vivendo – spiegano gli alunni del Fermi - è un periodo pieno di incertezze e difficoltà, che in modo istintivo tentiamo di tenere sotto controllo cercando di prevedere tutti i possibili scenari. Ma è la pandemia stessa, ad averci insegnato quanto la vita sia imprevedibile e che è necessario imparare ad adattarci e rinnovarci continuamente. La paura è un’emozione di base che ci accomuna agli animali e che svolge la vitale funzione di metterci in guardia rispetto a possibili minacce. Diversamente da quanto accade per loro, però, noi uomini, in virtù della nostra capacità simbolica e di pensiero, siamo in grado di attivare questa risposta anche di fronte a stimoli non presenti nel qui e ora: situazioni immaginarie, cui diamo un determinato significato, possono far nascere l’emozione della paura e le conseguenti reazioni comportamentali dell’evitamento o paralisi. In altre parole, pensare e immaginare che in futuro possa accadere qualcosa che ci potrebbe mettere in difficoltà, attiva da subito l’emozione della paura che ci porta ad evitare la situazione o a rimanere “fermi”».
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