S.A.
11 maggio 2021
Bottiglie, social e giovani dimenticati
Polemiche ad Alghero per i rifiuti dopo gli assembramenti dei giovani in piazza. I commenti dei politici e dei cittadini. Ma il disagio dietro quelle immagini potrebbe essere più ampio di qualsiasi analisi social che si voglia tentare e meriterebbe una discussione più ampia nel territorio
ALGHERO - Le foto delle bottiglie di alcolici sparse tra le vie del centro storico, dei gruppi di ragazzi assembrati senza mascherina, insieme ai commenti dei politici nostrani e dei cittadini, animano la polemica che sta tenendo banco da qualche giorno ad Alghero. Sposta l'attenzione generale dalla sanità cittadina che viene smontata pezzo dopo pezzo, dalle vaccinazioni che procedono più lentamente del previsto (e con tante defezioni nel territorio algherese), dalla situazione sociale sempre più difficile in un tessuto economico come quello locale che si nutre di turismo e indotto, dalle montagne di alghe che ormai costellano il litorale. Ritornando alle foto e alle parole che ne sono seguite a chi dare ragione e a chi torto. Ai ragazzi che non si curano della propria città e la sporcano senza nessun riguardo? Ai loro genitori che non li hanno educati bene? Allo Stato o Regione o Comune che non assiste le famiglie nel compito più difficile?
A ciascuno, forse, la propria fetta di responsabilità ma il disagio dietro quelle immagini potrebbe essere più ampio di qualsiasi analisi social che si voglia tentare. Non che la maleducazione dei giovani (e non solo), la trasgressione e il vandalismo non siano esistiti prima del Covid, ma la pandemia è innegabile che abbia generato nelle nuove generazioni un malessere di cui gli effetti si vedono nel presente e ancora di più si faranno sentire nel futuro. Se da una parte il problema potrebbe essere "curato" con più cassonetti in tutta la città, più sanzioni ai gestori dei locali che vendono alcool ai minorenni, più controlli per "calmierare" i ritrovi in piazza. Dall'altra, l'allarme degli esperti va ben oltre e segnala i casi in aumento di ragazzi in difficoltà: o chiusi nel loro mondo virtuale che in termini tecnici si chiama "Hikikomori"; o, al contrario, che rivendicano il bisogno di socialità che può sfociare in atteggiamenti o episodi più o meno deplorevoli. E poi ci sono i più fragili che crollano. Nelle scorse settimane a Sassari ci sono stati nove ricoveri per tentato suicidio di persone dai 13 ai 18 anni. «Non ho mai visto nulla del genere in dieci anni» è stato il commento drammatico di Stefano Sotgiu, primario del reparto di neuropsichiatria infantile dell’Aou sassarese che ipotizza un aumento, tra i giovani, del 30-40% dei suicidi rispetto all’era pre-covid.
Per questo anche ad Alghero dovrebbe aprirsi una riflessione più ampia e strutturata su questi temi. Nei confronti dei giovani abitanti di questa città - che saranno sempre meno se non si inverte una tendenza di invecchiamento costante del territorio -, non ci si trovi troppo impreparati a come attutire certi fenomeni nati prima del lockdown ma che quest’ultimo ha accentuato. D'altronde, in occasione della recente campagna elettorale del 2019 - si, sembra ormai passato un decennio, eppure sono soltanto trascorsi pochi mesi - anche il disagio giovanile aveva avuto una parte non irrilevante nel programma di chi oggi amministra, che pubblicamente anche in occasione del partecipato confronto organizzato dal Quotidiano di Alghero nell'arena del Mercato ortofrutticolo, aveva preso ben precisi impegni.
Mentre a Nuoro, ad esempio, è partito da mesi il “Progetto per Nuoro”, guidato da una consigliera comunale in cui si studiano anche con esperti le conoscenze e i casi concreti nel lavoro di analisi sul disagio giovanile. Non solo nel capoluogo barbaricino si stanno attuando buone pratiche tra enti, associazioni e scuole. A Reggio Emilia sono stati messi a bando tre progetti con un investimento da quasi un milione di euro; a Livorno si lavora contro la dispersione scolastica; a Magenta in azioni di coinvolgimento dei giovani e di iniziative di valorizzazione del territorio. A chi è mancata più la scuola, a chi lo sport, a chi la facilità di ogni azione quotidiana, a chi un nonno che non c'è più oppure non è più possibile visitare per la paura di contagiarlo, a chi l'attenzione di un genitore concentrato nello "smart working", a chi il proprio amico del cuore o la propria compagnia, a chi un lavoro sempre più complicato da trovare: questo lungo e straordinario periodo ha amplificato l’intensità dei temi tipici e critici delle diverse fasce d’età. E quindi anche di quella dei “giovani adulti” impegnati nella complicata costruzione della propria identità. Sono loro che rappresentano e a cui affidiamo il nostro futuro e non dimentichiamolo mentre si contano le bottiglie e le cartacce fuori dai bar.
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