Domenico Balzani
24 marzo 2021
L'opinione di Domenico Balzani
Quattro domande su Punta Giglio
La centralità della tutela del paesaggio come valore primario nella nostra Costituzione. Entro in punta di piedi nel dibattito riguardo Punta Giglio proponendo una riflessione suggerita dalla normativa in tema di tutela ambientale. Come è noto, con il Codice Urbani, novellato dal decreto legislativo 22 Gennaio 2004 n.42 sulla base della delega dell’articolo 10 della legge n.137/2002 , lo Stato ha introdotto specifiche norme sulla tutela dei beni paesaggistici. Il Codice Urbani, da un punto di vista sistematico, si presenta come la diretta attuazione dell’art.9 della Costituzione, ai sensi del quale la Repubblica Italiana “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”. Tale dettato costituzionale, pur con i suoi evidenti limiti, costituisce tuttora ancora oggi il cardine dogmatico di tutto il diritto ambientale, nonché il baluardo giuridico della tutela del patrimonio naturalistico italiano. L’espressione “paesaggio” contenuta nel suindicato articolo 9, infatti, non deve essere riferita solo a ciò che attiene alla forma esteriore ed estetica del territorio, ma deve essere interpretata in una accezione più generale con il significato di ambiente.
In ogni caso, la centralità del paesaggio e la rilevanza della sua tutela tra i valori costituzionalmente garantiti sono principi da sempre riconosciuti nell’ordinamento giuridico della Repubblica. Centralità riconosciuta anche da un consolidato orientamento della Corte costituzionale, ai sensi del quale la tutela del bene paesaggistico è elevata a valore primario dell’ordinamento, non è suscettibile di essere subordinata ad altri interessi e costituisce un interesse pubblico fondamentale, primario ed assoluto che va salvaguardato nella sua interezza. Recentemente, poi, tali principi sono stati riaffermati anche in una importante sentenza della sesta Sezione del Consiglio di Stato, secondo la quale l’articolo 9 della Costituzione erige il valore estetico-culturale del bene paesaggistico a valore primario dell’ordinamento; da ciò ne discende che la tutela del paesaggio, che sovrintende a superiori interessi pubblici, deve realizzarsi a prescindere da ogni valutazione dei singoli interessi privati.
La mia riflessione, che nasce dalla semplice presa d’atto delle norme e degli orientamenti della Suprema Corte, mi porta a alcune semplici domande. Siamo davvero sicuri che sia nelle nostre disponibilità il potere di porre in atto una qualsivoglia opera di valorizzazione dei beni paesaggistici? Siamo davvero sicuri che chi governa per un dato periodo la nostra città abbia titolarità nel predisporre bandi pubblici che in qualche modo avvantaggiano dei privati nella gestione e valorizzazione del patrimonio naturale? Siamo consapevoli che questo patrimonio ci è stato consegnato in prestito affinché possiamo goderne e siamo tenuti a restituirlo senza aver causato danni? Siamo davvero certi che questi interventi di valorizzazione possano portare un beneficio economico alla comunità? A mio modesto avviso è giunto il momento che si cominci a chiedere una progettualità gestionale nuova, che coniughi salvaguardia e rispetto del nostro patrimonio culturale e paesaggistico con l’esigenza di creare un indotto economico a vantaggio di tutta la comunità.
* project manager e docente di Management delle attività culturali e di spettacolo
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