Carlo Mannoni
18 febbraio 2021
L'opinione di Carlo Mannoni
La livella di Villa Devoto
Nel bellissimo monologo “La livella” di Totò, il netturbino Gennaro Esposito, seppellito in una “tomba piccerella e abbandunata, senza manco un fiore e nu lumino”, dialoga col nobile marchese di Rovigo e di Belluno, che dorme accanto in una sontuosa tomba con “o stemma cu’a corona ‘ncoppa a tutto, e sotto ‘na croce fatta ‘e lampadine; tre mazze ‘e rose cu ‘na lista ‘e lutto: cannelle, cannellotte e sei lumine”. Il marchese, che si presenta anche dopo la morte tutto agghindato, vestito di un elegante pastrano e col cappello a tubo e la caramella all’occhio, mentre Gennaro Esposito lo segue assai male in arnese “tutto fetente e cu ‘nascopa nmano”, si lamenta della vicinanza delle due tombe. “La casta e casta e va, sì, rispettata!”, esclama. Dopo un concitato dialogo, nel corso del quale il nobile uomo invita il netturbino a farsi seppellire lontano da lui, in un “fosso tra vostri pari, tra la vostra gente”, Gennaro Esposito, spazientito, gli ricorda che là dentro sono tutti eguali: “Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io”. E quando il nobile marchese gli ricorda, indispettito, di aver avuto “natali illustri, nobilissimi e perfetti da fare invidia a Principi Reali”, “o scupatore” gli risponde: “La morte lo sai cos’è, è una livella, e il re, il magistrato e un grand’uomo quando superano questo cancello hanno perso tutto, la vita come il nome”. “Perciò stammi a sentire, non fare il restio, sopportami vicino, che t’importa? Queste pagliacciate le fanno solo i vivi: Nuje simmo serie… appartenimmo a morte”, gli dice infine.
Chissà se l’alto dirigente della Regione, sedendosi dinanzi al computer a redigere il testo della delibera della Giunta regionale approvata qualche giorno fa, dal titolo “Disciplina delle esequie solenni”, ha pensato alla nota poesia di Totò. Se lo ha fatto, spero abbia sorriso almeno un poco; un sorriso amaro, ma pur sempre un sorriso. Qualcuno, non so se uno degli assessori o lo stesso presidente, gli ha ricordato che una legge statale del 1987 sulle esequie di Stato lascia anche alle Regioni la possibilità di “disporre delle esequie in forma solenne”, e lo ha invitato a predisporre il testo. Si sa, la nostra autonomia speciale di rango costituzionale va riempita di contenuti concreti e la delibera appena approvata è uno di questi, colmando un colpevole ritardo di trentaquattro anni! Poiché siamo tutti superstiziosi, auguriamo lunga vita al presidente in carica e ai suoi assessori, come altrettanta lunga vita auguriamo agli ex presidenti e agli ex assessori, e così pure ai direttori generali della Regione in carica. Di costoro, o meglio delle loro onoranze funebri si prende cura la delibera sulle esequie solenni approvata dalla Giunta regionale lo scorso 12 febbraio, in una scala gerarchica di solennità, perché il grado non si perde neanche con la morte, come diceva il marchese di Rovigo e di Belluno di Totò. Quando la delibera è stata resa leggibile sul sito della Regione, i nuovi e i vecchi amministratori regionali (quelli tra questi ultimi ancora in vita, ovviamente), e i direttori generali in carica, hanno cercato scampo nei soliti amuleti: i signori attraverso un forsennato frugarsi nelle tasche; le signore nell’affannosa ricerca, nel fondo delle loro borse e borsette, di qualche oggetto in ferro o corni e conetti vari.
La funerea delibera ha trasformato di colpo Villa Devoto a Cagliari in una camera ardente, con le varie stanze, differenti in base al rango del defunto, addobbate a lutto e guardie d’onore più o meno solenni in base al ruolo del trapassato: massima per il presidente in carica, poi via via a decrescere per gli assessori e per gli ex presidenti. Agli ex assessori niente camera ardente, meno male, così come per i direttori regionali in servizio che avranno solo una corona di fiori, col nastro con la dicitura “Il Presidente e la Giunta regionale”, scortata dagli addetti al cerimoniale. Per tutti ci sarà il necrologio “sul quotidiano sardo più diffuso nella provincia del defunto”, fatta eccezione per il presidente in carica che ne avrà più di uno sui maggiori quotidiani della Sardegna. Per quest’ultimo la Regione dichiarerà due giorni di lutto, per gli assessori solo uno con le bandiere a mezz’asta. Per gli altri lutto privato e basta. Il dirigente della Regione, per l’occasione in veste macabra con l’abito rigorosamente nero e la cravatta altrettanto in tinta, non ha trascurato alcunché, compreso l’aspetto religioso delle cerimonie. Per il presidente in carica ci sarà niente meno che il Vescovo presidente della Conferenza episcopale sarda (noblesse oblige), mentre gli assessori e gli ex presidenti dovranno accontentarsi del Vescovo diocesano. Per gli ex assessori e i direttori generali, invece, un sacerdote basterà e avanzerà. Dulcis in fundo, in uno slancio di generosità l’alto dirigente di viale Trento a Cagliari ha scritto, e la Giunta ha approvato con uno sforzo caritatevole a stento trattenuto, che le spese per la cerimonia funebre del presidente, degli assessori e degli ex presidenti potranno essere a carico della Regione. Pare che dall’altra parte abbiano bonariamente sorriso. Non l’ha invece presa bene Gennaro Esposito che, tra l’ironico e l’indispettito, uscendo per un attimo dalla poesia “La livella” di Totò, ha esclamato: “Ma chi te cride d’esse…nu ddio? Ccà ddinto, ‘o vvuo capi, ca simmo eguale?...”.
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