Alguer.it
Notizie    Video    Alguer.cat   
NOTIZIE
SardegnaTurismo Alguer.it su YouTube Alguer.it su Facebook
Alguer.itnotiziealgheroOpinioniSanitàIo speriamo che me la cavo
Paola Correddu 1 novembre 2020
L'opinione di Paola Correddu
Io speriamo che me la cavo
<i>Io speriamo che me la cavo</i>

Quando si affronta un’emergenza, la pianificazione è indispensabile e, tanto più è grave l’emergenza, tanto più la pianificazione deve essere tempestiva ed efficace per raggiungere gli obiettivi. Quando si affronta un’emergenza sanitaria, i decisori politici devono necessariamente coinvolgere gli operatori sanitari nell’attività di programmazione delle azioni da mettere in campo per raggiungere gli obiettivi. Quando si affronta un’emergenza sanitaria di tipo infettivo, di dimensioni pandemiche come quella attuale, gli obiettivi da raggiungere dovrebbero essere sostanzialmente 3: Ridurre i contagi; Evitare l’ospedalizzazione dei positivi; Mantenere in buona salute coloro che non hanno contratto l’infezione. L’ultimo punto è strettamente legato ai precedenti in quanto, tanto migliore è la qualità di vita di ogni singolo individuo, tanto più appropriata si rivelerà la risposta immunitaria, riducendo la probabilità di forme severe di infezione anche in caso di positività. E’ dato ormai come assodato il fatto che i morti per coronavirus vengono uccisi non direttamente dal virus ma dalla sproporzionata reazione messa in atto dal loro corpo per reagire contro l’ospite. Vi sarebbe un eccesso di autodifesa per un alterazione dei meccanismi di regolazione della risposta infiammatoria, come se il tasto on restasse attivo più del dovuto, cosa che si rinviene particolarmente nelle persone anziane, obese e con disturbi cardiovascolari e dismetabolici, a più alto rischio di sviluppare i quadri clinici di infezione da coronavirus più gravi.

In attesa di comprendere su cosa si basi invece la “tolleranza” degli asintomatici, capaci di convivere con il virus, come se scendessero a patti con quest’ultimo invece di scatenare le armi di difesa, quello che oggi possiamo fare, da subito, è migliorare la nostra risposta infiammatoria attraverso un corretto stile di vita ed una sistematica attività di prevenzione e di monitoraggio delle patologie croniche.
Partendo da questo presupposto, l’obiettivo primario sarebbe dovuto essere quello di investire e potenziare tutta i servizi sanitari territoriali creando una rete sinergica capace di dare risposte precise ai bisogni dei cittadini. Una pianificazione seria avrebbe previsto l’implementazione dell’attività specialistica ambulatoriale, con incremento del monte ore degli specialisti già convenzionati e assunzione, ove necessario, di nuovo personale, per garantire le attività di screening, di prevenzione, le visite di controllo programmate, mattina e sera, sabato e domenica compresi, e favorire la presa in carico di chi attende una diagnosi o una rivalutazione del quadro clinico. In un momento eccezionale, eccezionali devono essere i provvedimenti presi e, derogando alle vigenti incompatibilità, si sarebbero potuti arruolare anche i medici di continuità assistenziale, quasi tutti specialisti e magari anche i liberi professionisti, per non lasciare indietro nessuno ed infondere fiducia nella comunità.

Una pianificazione seria avrebbe potenziato e reso più efficiente il servizio di medicina generale favorendo un reale sinergismo tra medici di assistenza primaria, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale, USCA e tra questi e il dipartimento di prevenzione e l’unità di crisi locale. Solo la medicina generale, che ha un contatto quotidiano con l’utenza, può fungere da filtro per le strutture ospedaliere, riducendo la percentuale dei ricoveri dei sintomatici covid+ e di coloro che sono affetti da patologie croniche. Questa situazione contingente era proprio l’occasione buona per fare ciò che da tempo sarebbe stato necessario ovvero potenziare, modernizzare, efficientare i servizi sanitari del territorio, con un impiego più razionale delle risorse umane e tecnologiche, per superare la visione ospedalocentrica e l’affanno in cui i pronto soccorso e i reparti si trovano da tempo a causa di accessi e ricoveri impropri. Di tutto questo non è stato fatto niente. Anzi, le azioni messe in campo sino ad ora sono andate nella direzione esattamente contraria. Servizi di specialistica ambulatoriale sospesi da mesi o incapaci di snellire le liste d’attesa, con cittadini che, aspettando una prima diagnosi o una visita di controllo, vengono lasciati al loro destino, in completo abbandono, senza risposte e con conseguente scadimento delle condizioni cliniche e persino decessi che si sarebbero potuti evitare. Non a caso veniva lanciato l’allarme per l’incrementato tasso di mortalità dei cardiopatici e degli oncologici durante il periodo di confinamento.

Medici di famiglia lasciati senza dispositivi di protezione, con sempre maggiori incombenze burocratiche e mancanza di interlocutori aziendali per risolvere i problemi dei loro assistiti, spesso e volentieri dimenticati dal dipartimento di prevenzione che, non facendo alcun tracciamento, non li identifica come contattati stretti dei pazienti risultati positivi e quindi non li sottopone a tampone. Medici di famiglia che trascorrono parte del loro tempo al telefono in attesa di risposte da parte delle centrali operative dedicate al coronavirus che, o non giungono o sono imprecise o non univoche, che sono costretti a trovare soluzioni ai vuoti normativi come giustificare l’assenza da lavoro di chi, convivente di un sintomatico in attesa dell’esito del tampone e dunque potenzialmente positivo, ritiene di dover rimanere in isolamento anche se non può essere ancora definito contatto stretto. USCA che lavorano con grande difficoltà e pochi mezzi, spesso in completa solitudine, con pochissimi contatti gli altri settori della medicina generale, impedendo un efficace gioco di quadra. Medici di continuità assistenziale che, pur potendo dare un importante contributo, sono totalmente dimenticati e non vengono neppure informati, dall’autorità sanitaria, dei positivi nell’ambito del comune in cui svolgono servizio , rischiando di venire a contatto, a loro insaputa, con persone contagiate.

Questo è quel che succede nel territorio, ma nessuno ne parla. Disorganizzazione ed inefficienza la fanno da padrone con cittadini allo sbando, che non riescono ad avere risposte sulle procedure da seguire, non riescono a mettersi in contatto con i numeri forniti dalla Regione, ricevono risposte discordanti a seconda dell’interlocutore, accedono con difficoltà al tampone, ottengono il referto dopo molti giorni e, talora, mai, vengono messi in isolamento senza che nessuno si curi di loro e li monitorizzi. Questa emergenza sanitari sta facendo emergere prepotentemente tutti i mali della nostra sanità pubblica. Ma si continua a non volervi porre rimedio. La politica, a tutti i livelli, dal nazionale al locale, agisce con improvvisazione, senza nessuna strategia, con molta ignoranza ed arroganza, più preoccupata di conservare la propria posizione di potere piuttosto che della salute pubblica. La disorganizzazione è imperante perché nessuno dei decisori politici ha pensato che il punto da cui si doveva partire era il territorio visto che, quando le persone non trovano risposte sul territorio, si rivolgono all’ospedale, sovraccaricandolo.

Un errore gravissimo che si sta rivelando fatale visto che non si può pensare di incrementare i posti letto per i covid + all’infinito, perché un reparto, oltre che di posti letto è fatto di macchinari appropriati, è fatto di personale sanitario, è fatto di infermieri adeguatamente formati, di medici con specifica formazione specialistica e il personale non si acquista al supermercato. Se si continua di questo passo, se si continua ad occupare posti letto anche con pazienti che, solo perché giunte in pronto soccorso e risultati positivi, vengono ricoverati pur non avendo distress respiratorio, come in molti casi sta accadendo, invece di rispedirli sul territorio per adeguato monitoraggio a livello domiciliare o in strutture opportune identificate, il sistema è destinato ad implodere lasciando sul campo la vita di chi è positivo al coronavirus e di chi non lo è. Altro che salvare vite umane, si rischia di perderne e tante! Ci si riempie la bocca di belle parole, si invoca la solidarietà, la si butta sull’ideologico o sul personale ben sapendo di essere colpevoli di aver consentito la diffusione del virus a causa di scelte scellerate, colpevoli di non aver messo in sicurezza le comunità e gli operatori sanitari che, a differenza degli amministratori che stanno chiusi nei loro uffici, ben preservati, sono quelli che corrono i rischi maggiori di contagio e i rischi maggiori di denuncia, a causa di una catena di comando che non funziona. Visto che la politica non ha intenzione di fare passi indietro, di correggere le proprie scelte magari condividendole con chi sul campo ci lavora e conosce la realtà, mi trovo costretta, oggi, a dare ragione ad un collega quando dice che non c’è più niente da fare. Bisogna affidarci alla selezione naturale sperando di non avere problemi di salute e di far parte di quella gran parte di individui che sviluppano una forma asintomatica di infezione.
1/2/2025
Un percorso innovativo della Asl di Sassari volto a ottimizzare la gestione delle cure oncologiche, attraverso una gestione integrata ospedale-territorio, garantendo una sempre maggiore continuità tra i vari contesti assistenziali



Hosting provider Aruba S.p.A. Via San Clemente, 53 - 24036 Ponte San Pietro (BG) P.IVA 01573850516 - C.F. 04552920482

La testata usufruisce del contributo della Regione Sardegna Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport
Legge regionale 13 aprile 2017 n. 5, art. 8 comma 13

© 2000-2025 Mediatica SRL - Alghero (SS)