Raffaele Sari Bozzolo
28 ottobre 2020
L'opinione di Raffaele Sari Bozzolo
La didattica a distanza non risolve né assolve
Premetto che prima di esporvi queste riflessioni sgombro la mia mente dal ricordo di certe pubbliche dichiarazioni estive dei nostri amministratori di vari schieramenti politici anche opposti, dalla memoria di certi selfie illustri in assembramenti gaudenti e senza mascherina, dalle folle di ragazzi che ogni domenica mattina all’alba vagavano “invisibili” (?) per le nostre città, reduci da feste e notti folli. Detto questo provo a conservare un’equilibrata lucidità per condividere quanto segue.
La didattica a distanza certamente si è rivelata un’ottima misura emergenziale per garantire un minimo di continuità all’attività didattica durante il lockdown della scorsa primavera. Le scuole di tutta Italia e l’intero corpo docente di ogni ordine e grado si sono attivati per realizzare al meglio le nuove strategie didattiche e (seppure con notevoli diversità di strumenti e competenze) i risultati ottenuti sono stati ovunque migliori di quanto ci si potesse aspettare. Premesso doverosamente anche questo, sgombriamo il campo da qualunque equivoco: la didattica a distanza non può sostituire in condizioni normali quella in presenza. La Dad può essere uno strumento di potenziamento o recupero, può permettere lo sviluppo di strategie e contenuti aggiuntivi, ma immaginare di innestarla nella scuola in una qualunque modalità o percentuale per sostituirsi alla didattica in presenza è assolutamente inaccettabile. Altresì pensare di attuarla a singhiozzo, senza raccogliere poi gli inevitabili cocci. Da più parti, le giuste lodi all’informatica vengono fraintese fino a prospettare scenari futuri o futuribili che dematerializzano la scuola in ambienti virtuali, mettono gli insegnanti non dietro una cattedra, ma davanti ad un terminale e gli studenti illuminati dalla luce fioca dei monitor isolati nelle loro abitazioni davanti ad una webcam. Naturalmente, si dice, nessuno vuole davvero sostituire la scuola con questo surrogato digitale, ma intanto di fronte ai problemi posti dalle necessità di veri interventi strutturali sugli edifici scolastici o sui trasporti, la prima e più economica risposta è di nuovo la stessa, lasciamoli a casa, a turno, a rotazione, in percentuale, secondo schemi prestabiliti, ecc. Sì, ma a casa. Costa meno. Tutto il resto è fuffa.
Le ragioni di sicurezza sono indiscutibili, ma gli interventi sugli edifici scolastici sono partiti in media dopo Ferragosto e in molte scuole sono stati parziali o ancora in corso e spesso affidate all’iniziativa e alle risorse dei singoli istituti. Io personalmente, con colleghi e personale Ata, ho attaccato le frecce sui pavimenti della mia scuola per definire i percorsi di sicurezza dei ragazzi nel momento dell’afflusso e del deflusso. Perché? Stavolta nessuno può dire di essere stato colto di sorpresa o preso in contropiede. Le scuole hanno progettato interventi che le Autorità locali competenti in molte parti d’Italia hanno fatto partire in notevole ritardo e in forme ridimensionate dalle necessità di risparmio. Le segnalazione di una rete di trasporti pubblici che, con il pendolarismo studentesco, non avrebbe potuto garantire il necessario distanziamento personale anti Covid sono rimaste lettera morta e inascoltata. Quindi la Dad è tornata ad essere una soluzione, stavolta prima dell’eventuale e temuto lockdown nazionale. Eppure si sventolava la priorità assoluta della scuola e su questo concordavano tutte le parti politiche, Maggioranze ed Opposizioni. Proprio i principali responsabili delle necessarie risposte amministrative (su tutti la Regione), ora sono i sostenitori della necessità della Dad come soluzione (oddio, con contrita pena certo...).
Adesso, in sordina ma nemmeno tanto, qualcuno si sbizzarrisce persino ad immaginare una didattica a distanza che possa entrare in pianta stabile nell’offerta formativa degli istituti e nella didattica ordinaria e la ipotizza per creare nuovi piani orari settimanali ed altro, per immaginare come questa possa risolvere problemi di personale o di logistica, insomma trasforma questa risorsa in uno strumento compensativo a problemi che risolvere diversamente costerebbe sacrifici ed impegni sia nell’ambito delle risorse umane che economiche. Vuoi vedere che con la Dad facciamo le nozze coi fichi secchi? Eh no, sulla scuola avevate detto che vi sareste impegnati e vi dovrete impegnare. Stiamo di nuovo permettendo che si taglino le risorse per il futuro dei nostri figli? Stiamo di nuovo permettendo che si tolgano sacrosanti diritti ad una vera e completa formazione alle nuove generazioni in nome di contenimenti di spesa o di orari lavorativi più consoni allo shopping del week-end? Oppure vogliamo davvero sostenere che mettere per tempo una corsa di pullman in più o due vagoni in più avrebbe mandato la Regione in bancarotta? Altresì vendere la Dad come vera prevenzione alla diffusione del Coronavirus? Quali competenze e quali ricerche sulle vere ricadute in ambito di didattica e formazione sono state considerate e da chi? Qualcuno ha provato a simulare gli effetti a medio e lungo termine di questi vuoti formativi su bambini e ragazzi? Quali reali rischi corrono i percorsi d'apprendimento e formazione che dovrebbero garantire ai nostri giovani, un domani, un background competitivo sul mercato del lavoro europeo? Chiamo a rispondere chi oggi è pronto a decidere per la scuola, per gli insegnanti, per gli studenti. Non pretendo di avere ragione, né d'imporre soluzioni o sputare sentenze, ma come cittadino, genitore ed insegnante desidererei avere delle risposte e non solo dei decreti. Desidererei poter verificare la serietà della filiera di decisioni e strategie prese sulla pelle dei nostri ragazzi. Lo considero un dovere come cittadino, genitore e insegnante, considerando che i miei figli e studenti, carne da macello e capri espiatori, non votano, ma io si.
* genitore e insegnante
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