Carlo Mannoni
7 maggio 2020
Cuccureddu e la ceralacca
Pur avendo vinto l’appalto con pieno merito, l’ex giocatore era stato escluso dalla commissione di gara per un vizio di forma. Leggendo la storia, mi è tornata in mente un’analoga vicenda relativa a un bando regionale del 2010. Mutatis mutandis, questa volta la ceralacca, considerata in senso metaforico, non l’ha avuta vinta e il signor Cuccureddu mi scuserà per questo accostamento al suo nome apparentemente inopportuno ma necessario
Vi chiederete quale relazione possa intercorrere tra Antonello Cuccureddu e la ceralacca. Prima di darne spiegazione, una premessa. Pur non tifando per la Juve, sono stato da sempre un ammiratore dello sportivo, non solo come giocatore ma anche come atleta, davvero grande anche in quest'ultima veste. Ho di lui un ricordo quasi romantico e premonitore dei successi sportivi che gli avrebbero arriso. Affacciandomi da una finestra della mia casa di allora sulla via Giovanni XXIII, angolo Piazza della Mercede, lo vidi in un primo pomeriggio della metà degli anni sessanta mentre con la sacca sportiva saliva sull’autobus per recarsi a Fertilia, dove avrebbe raggiunto per l’allenamento i compagni della squadra in cui militava. Osservando quel ragazzo non ancora quindicenne, più giovane di me di qualche anno, magro e dalle gambe lunghissime, di cui si diceva già un gran bene, fui più che certo, non so perché, che il giovane Cuccureddu avrebbe avuto successo a livello nazionale e non avrebbe tradito le attese del padre, a quei tempi un mitico e severo allenatore di squadre di calcio giovanili.
Da sempre schivo e poco incline alle guasconate (così a me pare), ha mantenuto intatto il suo carattere e facendo ritorno da adulto ad Alghero si è immerso, uno fra i tanti, nello spirito della catalanità algherese, a lui tanto cara. Eppure Antonello Cuccureddu è stato, dopo il grandissimo Tore Burruni, la più alta espressione dello sport della città e alfiere del nome di Alghero a livello nazionale. La notizia è di ieri ed è nota. Per vedersi riconosciuto un suo diritto sorto a seguito di una regolare gara d’appalto (la gestione per sei anni degli impianti sportivi comunali di Maria Pia) ha dovuto ricorrere al Tar di Cagliari, che gli ha dato ragione. A Cagliari non sono vendicativi, tutt’altro, e hanno fatto finta di dimenticare il maligno gol allo stadio Amsicora che il 16 novembre 1969, a un minuto dalla fine della partita tra il Cagliari e la Juventus, segnò “il ragazzo di Alghero”, come disse Sandro Ciotti nella sua radiocronaca, riferendosi ad un Cuccureddu ventenne da appena un mese.
Pur avendo vinto l’appalto con pieno merito, l’ex giocatore era stato escluso dalla commissione di gara per un vizio di forma. Non gli hanno fatto sconti, anzi. Elemento del contendere, un documento relativo a certi requisiti stampato erroneamente nella dicitura che, come ha sentenziato il Tar, i funzionari e dirigenti del Comune avrebbero dovuto non considerare richiedendo al concorrente Cuccureddu, in base ai principi del “soccorso istruttorio” in sede di gara, di sostituirlo con un documento valido. Leggendo la storia, mi è tornata in mente un’analoga vicenda relativa a un bando regionale del 2010 per l’assegnazione ai comuni dei finanziamenti destinati a migliorare gli standard minimi di qualità dei servizi e delle dotazioni museali della Sardegna. Il bando prevedeva 11 dettagliatissimi criteri di valutazione, ben 11 importanti requisiti di amissibilità ed 8 cause di esclusione. Tra queste ultime una particolarmente vessatoria, riferita alle proposte non “conformi alle prescrizioni formali” stabilite dal bando che avrebbe in seguito determinato l’esclusione di ben 45 delle 74 domande presentate dai comuni, imponeva che “a pena di esclusione le domande dovranno pervenire in plico debitamente chiuso, sigillato, timbrato e controfirmato su tutti i lembi di chiusura”.
Allora non esisteva il soccorso istruttorio, ma quel bando così tassativo nella forma stava a significare il totale disinteresse della Regione a finanziare le proposte più meritevoli, trincerandosi dietro un formalismo codino. Tutti i 45 comuni esclusi, ben il 61% del totale, avevano infatti fornito la necessaria documentazione per poter essere valutati sulla base degli 11 criteri previsti. Avevano altresì dimostrato di possedere tutti gli 11 requisiti di ammissibilità, e di aver rispettato 7 clausole di esclusione su 8, cadendo tutti però, travolti da una sorta di virus collettivo, nella dimenticanza della ceralacca (il sigillo previsto dal bando). Vinse la ceralacca, facendo prevalere la forma sulla sostanza. Nel 2018 una innovativa sentenza del Tar di Catania avrebbe dato il colpo di grazia al sigillo, in presenza di altre condizioni di garanzia dell’integrità del plico.
Mutatis mutandis, questa volta la ceralacca, considerata in senso metaforico, non l’ha avuta vinta e il signor Cuccureddu mi scuserà per questo accostamento al suo nome apparentemente inopportuno ma necessario.
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