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28 aprile 2020
«Suinicoltura sarda a rischio estinzione»
«Il Coronavirus rischia di spazzare via anche gli ultimi pilastri della suinicoltura sarda, quelli che hanno resistito a 40 anni di peste suina». La denuncia arriva dalla Coldiretti Sardegna
NUORO - E’ un vero è proprio grido di allarme quello che arriva dagli allevatori di suini che in oltre 40 anni di Psa e 10 consecutivi di divieto di esportazione delle carni oltre i confini sardi rischiano adesso di essere travolti dalle conseguenze economiche dal lockdown e dalle speculazioni del mercato. Dopo un piccolo e stretto varco apertosi gli ultimi giorni prima di Pasqua, il mercato è caduto in un sonno profondo che rischia di essere lungo e deleterio.
Oltre il 70% della produzione sarda dei maialetti, simbolo della gastronomia sarda, è infatti indirizzato al turismo, settore economico più penalizzato e sul quale la ripresa è la più incerta e lunga di tutti. Il canale horeca è quello infatti che assorbe la quasi totalità dei nostri maialetti, o meglio di quelli che rimangono dopo 40 anni di peste suina, che solo negli ultimi 10 anni ha ridotto di oltre il 50% il numero dei suini allevati in Sardegna che si attestano intorno ai 100mila capi.
L’altra linea della suinicoltura sarda, quella dei cosiddetti magroni, subisce invece le speculazioni del mercato, dovuta al crollo delle vendite dei prosciutti (che traina il mercato in Italia) e alla chiusura delle macellazioni di circa 200mila suini alla settimana. Ma non ha bloccato invece l’importazione di circa 1milione di cosce dall’Estero, provocando un inevitabile crollo de prezzo (circa il 40% negli ultimi due mesi) che si sta ripercuotendo anche nel mercato sardo, in cui la speculazione la fa da padrone e si passa sopra anche sugli impegni e contratti firmati.
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