Red
20 aprile 2020
«120mila forme di pecorino alle famiglie meno abbienti»
«Proponiamo - spiega il presidente della Coldiretti Sardegna Battista Cualbu - lo stanziamento di 5milioni di euro da parte della Regione a favore in questo caso dei formaggi a breve stagionatura e delle famiglie meno abbienti. Si tratterebbe di acquistare questi formaggi dai caseifici per donarli alle 120mila famiglie senza reddito»
CAGLIARI - Dalla grave crisi sanitaria ed economica del Covid-19 arriva una notizia positiva dal Pecorino romano Dop, il formaggio più importante per il comparto lattiero caseario sardo, prodotto con oltre il 60percento del latte ovino e che condiziona la remunerazione del latte ai pastori. Crescono le sue vendite nel mercato interno ed in export e, contemporaneamente, cresce anche il prezzo. Le esportazioni negli Stati Uniti, di gran lunga il suo principale sbocco commerciale, continuano a confermare anche nei primi tre mesi del nuovo anno un trend positivo, registrando, secondo i dati del Dipartimento del commercio Usa diffusi dal Consorzio di tutela, nei primi due mesi del 2020 una crescita del 27,5percento in volumi e 24,7 in prezzo. Tendenza positiva confermata e rafforzata anche dal sito web Clal, che registra per gennaio un +76,8percento in volume e +137,1percento in valore rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Non solo, quello di gennaio 2020 è il dato più positivo, rispetto sempre allo stesso mese, degli ultimi cinque anni.
Le vendite vanno bene anche nei discount: secondo i dati di “Nielsen Retail measurement system” elaborati da Ismea sulla Grande distribuzione organizzata in Italia riportati dal Consorzio di tutela, il Pecorino romano ha venduto +45,9percento in volume e +41,7 come valore complessivo (in calo invece nei super ed iper mercati: nei primi tre mesi del 2020, segna un -9,8percento in volume e -3 in valore totale). In crescita, invece, del +6,5percento il prezzo medio sia nei supermercati, sia nei discount. Chi invece è fortemente penalizzato dalla crisi del Covid-19 sono i pecorini (ma anche i vaccini) freschi e molli, che hanno come canale principale di vendita l’Horeca. La chiusura in seguito alle restrizioni del CoronaVirus ha conseguentemente contratto le vendite. Anche se in piccole percentuali influisce anche la scelta dei consumatori di acquistare, in questo momento di crisi, formaggi di più facile e lunga conservazione.
La drastica riduzione delle vendite di questi formaggi sta da una parte penalizzando fortemente tutti i piccoli produttori e quelle cooperative e industrie di trasformazione del latte che li producono. Chi invece produce anche Pecorino romano ha riconvertito la produzione in questo formaggio in quanto a lunga stagionatura. Questo spiega anche la crescita delle produzioni proprio del Romano a marzo (+22percento rispetto allo stesso mese del 2019). La crescita clamorosa di febbraio (+80,9percento) è dovuta invece al fatto che lo scorso anno, in quello stesso mese, i caseifici erano quasi tutti chiusi in seguito alla protesta dei pastori. Tendenza che potrebbe essere confermata per i restanti mesi dell’annata, visto il perdurare dell’emergenza Covid-19, anche se in minori quantità visto che la curva della lattazione delle pecore ha già imboccato il lato discendente vista la grave siccità che ha lasciato i pascoli senza erba. Secondo Coldiretti Sardegna, questo è il momento in cui tutta la filiera, responsabilmente, con il coinvolgimento della Regione autonoma della Sardegna, deve saper programmare i prossimi mesi di produzione dei pecorini.
«Riteniamo importante la convocazione a stretto giro da parte del presidente Solinas di un tavolo tematico – dichiara il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu - E’ necessario, in questo momento anomalo ma decisivo per l’annata, fermarsi e fare il punto. Dobbiamo innanzitutto tutelare e salvaguardare i formaggi a bassa stagionatura, che si stano ritagliando uno spazio nel mercato e adesso rischiano di uscirne indeboliti danneggiando soprattutto quei caseifici che più di tutti hanno investito nella diversificazione delle produzioni. Dall’altra, abbiamo anche il dovere di contenere le produzioni e di conseguenza governare il mercato del Pecorino romano che da un anno a questa parte conferma prestazioni positive». Al momento, la crescita delle produzioni di Pecorino romano sono ancora contenute, anche se l’aumento di marzo potrebbe essere confermato anche ad aprile, visto che le condizioni sono le stesse. L’unica variabile è rappresentata dalla minore produzione di latte dovuta alla siccità. Ma con i dovuti interventi, potrebbero essere stabilizzate (le produzioni). La crescita della produzione di Romano rispetto allo stesso periodo della scorsa annata (quando se ne produsse in totale a fine annata circa 270mila quintali) è di circa il 30percento. Ed è di poco superiore (+5,7percento) a quella dello stesso periodo (ottobre–marzo) del 2016/2017, quando a fine annata se ne produssero circa 280mila quintali, in pareggio con quello richiesto in media dal mercato.
«In questo momento epocale di grave crisi (ma di serenità per il mercato del Pecorino romano), ci sono tutte le condizioni per azioni straordinarie e responsabili consentendo di continuare a dare stabilità al comparto – sostiene il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba - Il Governo nazionale ha già messo in campo delle azioni importanti in questo senso per prevenire alcune storture dovute alla crisi Covid-19, stanziando circa 13milioni di euro per il cosiddetto bando degli indigenti per il Pecorino romano. Come filiera sarda, insieme alla Regione, siamo invece chiamati ad una azione di maturità intervenendo a monte sulle produzioni, riequilibrandole e tutelando quelle dei formaggi a bassa stagionatura, ma avendo anche la capacità e la forza di guardare alle fasce più deboli della nostra società ed in particolare alle 120mila famiglie sarde stimate come senza reddito». «Proponiamo - spiega Battista Cualbu - lo stanziamento di 5milioni di euro da parte della Regione a favore in questo caso dei formaggi a breve stagionatura e delle famiglie meno abbienti. Si tratterebbe di acquistare questi formaggi dai caseifici per donarli alle 120mila famiglie senza reddito».
Questa misura riguarderebbe oltre 4milioni di litri di latte e circa 7mila quintali di formaggio sardo, più o meno 6chilogrammi (due forme) per le 120mila famiglie senza reddito. Formaggio sardo consumato in Sardegna. Un intervento che da solo non risolve nessuno dei problemi in campo, ne quello del comparto lattiero caseario e neppure quello delle famiglie indigenti, ma che avrebbe un valore ed un significato simbolico molto importante per la società e per l’economia. «Un vero esempio di economia circolare - sottolinea Saba - in cui la Regione non fa un intervento di mero assistenzialismo, ma sostenendo contemporaneamente due settori, la filiera lattiero casearia e le famiglie indigenti, promuove ed educa al consumo del cibo locale a chilometro zero, sicuro e garantito». Per questi motivi, Coldiretti Sardegna ribadisce l’urgenza e chiede «al presidente Solinas la convocazione di un tavolo virtuale con le organizzazioni agricole e i rappresentanti della cooperative e dell’industria casearia per programmare e valutare la possibilità di attuare questa misura che consentirebbe di programmare gli ultimi tre mesi dell’annata lattiero casearia».
Nella foto: il presidente della Coldiretti Sardegna Battista Cualbu
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