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16 aprile 2020
«In fumo 3mld col blocco delle attività»
Emergenza sanitaria Covid 19: in Sardegna recessione superiore a quella nazionale e al Sud Italia. Nel 2020 in fumo almeno 3 miliardi con il blocco delle attività economiche ristretto a marzo e aprile (4.4 se il lock-down durasse fino a giugno)
SASSARI - L’emergenza sanitaria rischia di avere un impatto sull’economia della Sardegna ancora più devastante rispetto al resto d’Italia. Nonostante l’Isola sia stata colpita dall’epidemia in misura meno grave soprattutto rispetto alle regioni del Nord-Ovest (come tutto il centro-sud, d’altronde) le conseguenze del lock-down e della riduzione della domanda aggregata che condizionerà la fase di ripartenza lasceranno il segno: considerando che ad inizio anno le attese erano per una seppur blanda crescita economica (intorno al +0,3%), l’economia sarda nel 2020 rischia di vedere andare in fumo come minimo 3 miliardi di euro (4,4 miliardi nel caso del protrarsi delle restrizioni fino a giugno).
Secondo una analisi del Centro Studi della CNA Sardegna , l’isola infatti, per via di una serie di vulnerabilità strutturali della sua economia (tra cui, il più alto peso del settore turistico, l’elevata quota di lavoratori precari, una maggiore esposizione al rischio liquidità per le imprese, un settore delle costruzioni più vulnerabile, l’altissima quota di export nel settore petrolifero), nel 2020 potrebbe sperimentare una recessione superiore sia a quella nazionale, sia a quella delle regioni del Sud. Coerentemente con gli scenari sviluppati dall’ultima nota congiunturale dell’Istat, la CNA ha stimato l’impatto economico innescato dall’emergenza sanitaria considerando due scenari: il primo tiene conto di un blocco dell’attività economica ristretto ai mesi di marzo e aprile e di una graduale riapertura nei successivi trimestri dell’anno; il secondo ipotizza l’estensione del periodo di chiusura delle attività non essenziali anche ai mesi di maggio e giugno.
Analizzando l’impatto sulle diverse componenti del PIL - ovvero spesa finale di famiglie, residenti e non residenti (e quindi turisti), spesa della PA (tra cui sanità, scuole e protezione sociale), investimenti (macchinari e costruzioni), import ed export - il risultato è che nel primo caso (due mesi di stop economico e distanziamento sociale) il PIL regionale potrebbe crollare del -9,6% rispetto allo scenario base (ovvero, il 2020 senza emergenza sanitaria) e di quasi il -15% nello scenario peggiore (quattro mesi di lock-down). Si tratta di un risultato peggiore sia rispetto al -9,1% previsto per il Pil nazionale (-14,2% nello scenario più grave), sia rispetto al -6,8% del Mezzogiorno (-11,5% nel secondo scenario). In sostanza, considerando che ad inizio anno le attese erano per una seppur blanda crescita economica (intorno al +0,3%), l’economia sarda nel 2020 rischia di vedere andare in fumo oltre 3 miliardi di euro (4,4 miliardi nel caso più grave).
«Siamo di fronte ad un evento, i dati del Fondo Monetario di ieri l’altro lo confermano, che per effetti prodotti non ha precedenti - commentano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu presidente e segretario regionale CNA -. La crisi determina la più grave caduta in un solo trimestre della produzione e dell’occupazione a livello mondiale che si sia mai registrata nella storia del capitalismo, inclusi i periodi di guerra. La Sardegna, come dimostra il nostro report, rischia per una serie di vulnerabilità strutturali della sua economia di sperimentare una recessione superiore alle altre aree del paese, meridione compreso. Sono richieste risposte eccezionali nelle dimensioni dell’impegno finanziario e modalità indite e non convenzionali negli strumenti da mettere in campo per contrastare gli effetti della pandemia».
«Occorre guardare alle importanti e nuove opportunità offerte dall’utilizzo dei fondi strutturali europei, sia per quanto attiene alla programmazione in corso ma soprattutto alla prossima 2021-2027, considerato che sono cadute molte delle rigidità e dei vincoli che ne rallentavano la gestione: dal venir meno dell’obbligo del cofinanziamento nazionale, ai vincoli di concentrazione tematica, alla possibilità di trasferire risorse da un programma all’altro. Occorre insomma – dichiarano i vertici CNA – aprire una nuova fase. La Giunta regionale riprogrammi con urgenza le coordinate entro cui collocare lo sforzo per l’uscita dall’emergenza sanitaria e l’avvio della fase due della ripartenza dell’economia. Per far questo occorre mettere in campo tutte le energie e gli sforzi necessari per avviare la ricostruzione economica, attraverso una cabina di regia partecipata dalle istituzioni regionali, locali e dalle forze sociali».
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