1 febbraio 2020
Una città straziata dai femminicidi
Ancora Alghero. E´ il secondo caso in poco più di un anno. Una comunità attonita e sconvolta, bruscamente svegliata dall´omicidio di Orsola a fine 2011 e poi, dopo un periodo di relativa quiete, riportata alla triste realtà con i femminicidi di Michela nel dicembre 2018 ed ora, di Speranza
Non è possibile, non può essere, non può essere vero. Alghero si ritrova a piangere una propria figlia, seppur forestiera. Una figlia vittima di un “non amore”. Non può, non è mai amore se fa male. Perchè l'amore deve far star bene, deve far volare. Ed invece, troppo spesso, ti lascia segni sul fisico, sul cuore, ti rovina la vita, fino a togliertela. In principio fu Orsola. Era la fine del 2011 ed Alghero si trovò alla ribalta nazionale non per il sole, non per le spiagge, non come perla turistica del Mediterraneo, ma come teatro inconsapevole di un omicidio. Si, un omicidio. Ancora non andava di moda il termine “femminicidio”, ma nulla cambia. Titoli di giornali, programma tv, elucubrazioni psicologiche e pipponi sociologici. Di tutto, per cercare una scusa, un appiglio, un motivo.
Ma in queste situazioni, non c'è mai un motivo. C'è solo dolore, sgomento e famiglie distrutte. Si famiglie, al plurale, perchè smette di vivere la famiglia della vittima ma, non sempre, ma quasi, smettono di vivere anche i congiunti del carnefice. Un carnefice con la maschera da innamorato, ma senza cuore. Poi, sette anni di relativa quiete, in una città dove se accade qualcosa ci si stupisce, come se nella Riviera del corallo non potesse mai accadere niente di male. Ed invece, a fine 2018, quando Alghero si sta preparando al Natale, il “non amore” colpisce Michela. Una donna che cerca di ricostruirsi la vita dopo una separazione, con due figli che vogliono crescere come meritano. Invece, le luci di Natale si spengono e resta solo il dolore. Un dolore amplificato dai social e la città torna su tutte le testate nazionali. E' un pugno nello stomaco, fa male, ti toglie il fiato e ti fa abbassare la faccia. Gli occhi verso il basso, senza vedere un orizzonte positivo.
La città si stringe attorno ai bambini in una sorta di “grande famiglia allargata”, ma non si deve arrivare a questo, non si deve arrivare a tanto. Mai. Infine, è notizia di oggi, il 2020 nasce sotto il segno triste di Speranza. Un nome che vorrebbe dire tante cose e che forse era la strada tracciata per lei. Una donna minuta, con un sorriso dolce sempre pronto verso chi entrava nell'esercizio commerciale. Un sorriso che si è spento senza un motivo. Spento dall'ennesimo uomo portatore di “non amore”. Un “non amore” che non dove esistere, da non far serpeggiare in una società sempre più disattenta, assente. Una società che non si può permettere di piangere altre figlie. Non si può. Non possiamo.
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