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19 dicembre 2019
Galleria Bonaire inaugura Arie ad Alghero
La mostra rimarrà aperta il sabato e la domenica dalle 18.00 alle 20.00 sino all´11 gennaio del 2020. La mostra personale di Giovanni Carta a cura di Mariolina Cosseddu
ALGHERO - Sabato 21 dicembre 2019 la galleria Bonaire Contemporanea, in via Principe Umberto 39 ad Alghero, inaugura Arie, mostra personale di Giovanni Carta a cura di Mariolina Cosseddu. La mostra rimarrà aperta il sabato e la domenica dalle 18.00 alle 20.00 sino all'11 gennaio del 2020. Gli altri giorni su appuntamento: +39 347 8953813 - bonaire39@gmail.com.
Così Mariolina Cosseddu. E’ un momento di svolta, questo, nella poetica di Giovanni Carta, uno di quei momenti di resa dei conti con se stessi e con il mondo. Potremmo dire un punto d’arrivo se non fosse che, nella vita di un artista, non esistono approdi certi, solo passaggi, transizioni, ponti tra ieri e oggi. Domani è ancora da inventare. Di fronte alle tele luminose datate 2019, il vuoto della superficie sembra inghiottire il nostro sguardo. Perdersi è solo il più imminente dei pericoli. Il resto lo fanno la frettolosità del quotidiano, la superficialità del sentire, il vizio delle informazioni digerite e metabolizzate nell’arco di un istante. Il lavoro di Giovanni Carta, al contrario, reclama prolungata attenzione. Come un’icona sacra comporta un atto di fede. Chiede sintonia nella contemplazione. Per capire dobbiamo partire dalla nozione di tempo, quello lento e indefinito che ha richiesto questo lavoro.
Lo spazio è infatti la risultante di un processo temporale. Per arrivare al punto di non ritorno, cioè la tela quasi monocroma, priva di appigli e orientamenti, Giovanni Carta ha lavorato a lungo, dipingendo su superfici dove, all’origine, domina il colore. Le campiture bianche, date per velature successive, su quegli strati cromatici densi e saturi di gialli, azzurri, rossi, hanno agito come una forma di cancellazione della vita precedente e hanno plasmato una nuova forma di esistenza, profonda e silenziosa. Le sovrapposizioni del bianco, attraverso l’agire continuo e inesorabile del gesto, mentre annullano il colore lo conducono a una modulazione inaspettata, fatta di impalpabili tonalità ambrate o cineree, dove la luce preme dal fondo e incanta gli occhi. In questo spazio assoluto Giovanni Carta si è liberato del tempo, delle contingenze, dell’ingombro delle cose e della materia. Una nuova visione del “sublime” appare nell’immensità di una dimensione solo convenzionalmente costretta entro una vaga geometria. In realtà la tensione verso lo spazio infinito preme da ogni parte e acquista il senso di un’ansia che niente può placare.
Non hanno nulla di rassicurante né di consolatorio questi spazi di luce. Nonostante la pienezza estatica della superficie inondata dalla bellezza del bianco e delle sue variazioni, l’inquietudine impregna le fibre della tela, investe l’eco della pennellata disposta rigorosamente a creare una condizione eterea, universale e intima allo stesso tempo. L’astrazione a cui giunge Giovanni Carta ha qualcosa di più di un semplice superamento della forma-colore: diventa un atto di intensa meditazione sul proprio operato, sulle ragioni dell’agire, sul confine tra realtà e illusione. Atto simbolico, forse catartico, certo seduttivo. Per entrambe le parti della dialettica dell’arte: per chi fa e per chi partecipa. Come frammenti di cielo, queste tele invitano all’attraversamento.
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