Così lo stilista di Alghero, Antonio Marras, racconta il suo strettissimo legame con Maria Lai, in occasione della nuova mostra in apertura a Matera, nell’ambito del programma culturale della Capitale Europea della Cultura
ALGHERO - «L’incontro con Maria Lai. Una vera e propria svolta. Con lei ho sempre avuto un rapporto speciale, una sintonia di interessi e di idee che continuano a vivere, immutati. Un dialogo ininterrotto. Una volta le dissi che avevo copiato un suo disegno. Mi rispose: ‘Fare arte è un continuo rubare. Non preoccuparti, io rubo dappertutto. Nel momento in cui la rubi, l’opera diventa tua’. Maria Lai è stata una presenza straordinaria nella mia vita. Una vagabonda. La jana che tiene per mano il sole e l’ombra. Cuce e ci lega alle favole, ai sogni e all’infinito. Dice che le montagne non sono tanto terribili se, oltre ai precipizi e ai lupi, ci sono anche le nuvole. L’incontro con Maria ha segnato il mio approccio con l’arte e non solo… Ha dato spazio alle mie visioni. Ci siamo divertiti a confondere spazi e tempi, a tessere fili e trame. Mi ha dato il coraggio di esplorare me stesso; mi ha traghettato verso un universo che mi affascinava e mi faceva paura. ‘Ti ho lasciato bambino e ti ritrovo artista’, mi ha detto un giorno. Conservo gelosamente questa frase dentro di me. Lei mi ha dato la forza di parlare attraverso le immagini».
Così lo stilista di Alghero, Antonio Marras, racconta il suo strettissimo legame con Maria Lai, in occasione della nuova mostra in apertura a Matera, nell’ambito del programma culturale della Capitale Europea della Cultura [
LEGGI]. Il percorso espositivo si snoda attraverso gli spazi di Palazzo Lanfranchi su tre livelli. La prima sala ospita libri sfilacciati, pagine ricamate, disegni, acquerelli e un grande lenzuolo con fogli cuciti, opere realizzate nel corso degli anni da Maria Lai e che oggi Antonio Marras fa dialogare con le sue “Orfanelle”, creature luminose che occupano lo spazio espositivo e che conducono all’abito “Fililailai”, realizzato da Antonio per Maria, allestito per l’occasione come un dipinto. Il lungo corridoio d’ingresso del Museo è scandito dalla successione di nove grandi arazzi di Marras, tessuti in Afganistan e ricamati in Sardegna con l’applicazione di pezzi di vecchie giacche. Ad accogliere il visitatore al primo piano 120 disegni che ritraggono gli abitanti del borgo La Martella, realizzati a più riprese da Marras nel corso del 2019 durante i suoi soggiorni materani.
L’accesso alle sale successive è segnato da un passaggio simbolico, fatto di camice e campanacci, che introducono alle 88 federe dipinte da Maria Lai che Marras fa dialogare con un suo grande arazzo bianco e nero che incornicia una scultura in ceramica realizzata in omaggio a Maria Lai, grande sostenitrice dei lavori a quattro mani in argilla. Si susseguono altre stanze che ospitano “Notti bianche”, installazione con tappeto sardo a Pibiones e peluche, un cuore di stoffa di Maria Lai, 73 ritratti con vecchie cornici e due telai realizzati da Antonio Marras che dialogano con quelli di Maria Lai. Al secondo e ultimo piano il visitatore è idealmente accolto da 14 braccia in ceramica, opere in stoffa, un vecchio sportello disegnato, 20 campane di vetro disposte su tavoli di ferro che custodiscono taccuini di appunti di Marras, circondati da trenta bozzetti preparatori di Maria Lai per la realizzazione dell’opera sul grande muro di casa Marras “Tra fili e pensieri” (2004).
Nella grande Sala delle Arcate interagiscono diversi lavori realizzati dai due artisti: camicie rifinite da Maria con il filo rosso; materassini su cui ha scritto e cuscini su cui ha dipinto; sottovesti fatte ricamare da Marras con le frasi recuperate da Lai in un lavoro con i bambini delle elementari “..prima che la scuola li rovinasse..” diceva Maria; teche con lavori di Maria Lai realizzati con ricami ed elementi di stoffa; disegni su carta e dizionari d’artista; una scatola con un lavoro di Maria fatto di nodi e corde. Chiude il percorso espositivo la grande installazione “Llencols de aigua” che corre lungo la parete di fondo: su un grande telo bianco, lavoro a quattro mani di Antonio Marras e Maria Lai, sono cucite vecchie sottovesti, che fanno da sfondo a 200 Janas (le piccole fate della mitologia sarda), piccoli abiti, sospesi davanti al lenzuolo. In mostra alcune fotografie di Daniela Zedda, testimone per immagini degli incontri dei due artisti e del loro profondo legame.