Luciano Deriu
4 ottobre 2019
Non chiamatelo green new deal
Anche Alghero, città dalle belle vocazioni agricole e turistiche, merita di mettersi sulla strada. Possiamo chiamarlo semplicemente Piano per lo Sviluppo Sostenibile. Se vogliamo un nome carismatico, suona bene VertAlguer. Spettano ai nostri decisori politici le scelte innovative e coraggiose che uno sviluppo moderno richiede
Non chiamatelo green new deal. Possiamo chiamarlo semplicemente Piano per lo Sviluppo Sostenibile. Ma anche Alghero, città dalle belle vocazioni agricole e turistiche, merita di mettersi sulla strada, che tutto il mondo avanzato sta intraprendendo, a iniziare dall’Italia. Se non avete voglia di leggere analisi scientifiche sui cambiamenti climatici, tuffatevi nel bel mare ottobrino di Pollina, la Speranza, e sentite il tepore della temperatura. I cambiamenti sono già qui, tra noi. Quest’estate risulta essere la più calda dall’epoca della rivoluzione industriale. Strategie planetarie mosse dalle grandi potenze mondiali tardano ad affermarsi. Sono invece le città, molte città, le protagoniste della riconversione ecologica dello sviluppo. In primo piano c’è Barcellona, col più grande impianto fotovoltaico d’Europa, la celebre Pergola Solar. E oggi il Comune catalano si fa facilitatore della più massiccia azione di diffusione di energia pulita nella città. Una società municipale sbriga ogni pratica; l’impianto domestico, con i costi anticipati da una banca, alla fine non costa quasi niente all’utente.
Così Barcellona nel 2019 si va coprendo di tetti fotovoltaici. Quanti vantaggi al pianeta e quanti nuovi posti di lavoro questo piano ha generato a oggi non è ancora quantificabile, ma sicuramente molti. Era nel programma ecologico della sindaca da poco rieletta. E anche Alghero merita una proposta di modernizzazione che sappia declinare lo Sviluppo Sostenibile a livello locale. A essere convinti sono soprattutto i giovanissimi. E, a sorpresa, le aziende. Ma, se per i giovani l’ambiente è forse una questione ideale, gli imprenditori ci vedono prospettive di mercato e di lavoro. E aziende del calibro di Sella e Mosca e San Giuliano sono già sulla strada della qualità biologica. Quello che serve è un piano di riconversione dei modelli di produzione e consumo che utilizzi la leva ecologica per creare lavoro qualificato e benessere per i cittadini. Un piano non semplice, da articolare con le giuste competenze. Ma alcuni punti di fondo sono perfino banali; ce li può suggerire anche uno di quei ragazzini che urlano nei cortei del Venerdì per il Clima.
Si potrà, ad esempio, piantare alberi. La città non ha verde e ha pochi spazi per impiantarlo. Molti paesi hanno utilizzato le aree industriali dismesse e Alghero ne ha almeno due: il vecchio cotonificio e l’antica vetreria della Pietraia. Qui la tentazione è il ripristino di migliaia di metri cubi di cemento destinate a non si sa a che. Invece, pur realizzando un piccolo spazio costruito ad uso dei Comitati di Quartiere, si può investire su aree verdi attrezzate, che valorizzerebbe due zone urbane oggi asfittiche. Un vantaggio per l’ambiente, per i cittadini e per il lavoro di costruttori, giardinieri, manutentori. Certo Barcellona è tutt’altra cosa, ma il Comune facilitatore per l’energia pulita domestica è davvero una bella idea. Non è così difficile. In piccolissimo, in via sperimentale lo abbiamo fatto con Legambiente nel 2011. Il Comune ci aveva dato una mano per sburocratizzare le pratiche, un nostro ingegnere (volontario), un’azienda algherese di impianti solari, Il Banco di Sardegna anticipatore dei costi, che si potevano pagare con gli introiti del GSE. Gli utenti non si sono dovuti preoccupare di niente. Oltre 150 impianti di fotovoltaico installati in un mese.
Non saremo mai una Barcellona capitale del solare ma potremo essere una Barcelloneta del solare. Un intervento che ha carattere quasi d’urgenza per gli edifici pubblici. Perché è davvero anacronistico che strutture avanzate come il Parco di Porto Conte o il Dipartimento di Architettura, solo per fare alcuni esempi, siano divoratrici instancabili di una quantità mostruosa di energie da fonti fossili. C’è sempre la tentazione di nuove costruzioni, anche nel pubblico, e non di ricostruire. Ma Alghero ha bisogno di un serio piano di rigenerazione urbana, dotato di investimenti incentivanti e centrato su edifici attivi nel risparmio e nella produzione di energia. Un grande cantiere edile di nuove e vecchie case fornite di cappottini, pannelli, infissi, isolamenti. Un piano che intrecci anche l’esigenza del verde, vincolando le rigenerazioni edili ad arretrare dal fronte strada, in modo da creare limitati spazi verdi che contornano le vie. Nessuna città vive di solo turismo, per quanto importante. La vocazione antica di Alghero è il lavoro dei campi. I grandi produttori d vino e olio vanno benissimo, ma le borgate lamentano un abbandono, un degrado che non si concilia con un’economia multiforme convertita all’ecologia.
Anche lì qualcosa si muove, le filiere dei cereali, quella della fragola. Il comune può coordinare e indirizzare questi percorsi verso mercati di qualità, accedendo alle risorse comunitarie del Piano di Sviluppo Rurale, come chiedono le borgate. E qualità oggi vuol dire biologico. C’è già in divenire un Distretto del Biologico, che dovrà essere sostenuto, fornito di spazi nei mercati pubblici di Alghero e di Sassari. L’agricoltura potrebbe allora diventare “bella”, cioè attrattiva per i ragazzi perché dotata delle tecnologie, del digitale e anche aperta a esperienze di agricoltura sociale con l’acquisizione di Surigheddu, come nella tradizione del grande Perussia, cui dedicherei un monumento o almeno una via cittadina. Si può continuare. Pensiamo solo ai vantaggi che deriverebbero da un’ordinanza comunale per rendere sostenibili tutti gli eventi cittadini. Si può continuare. Ma spettano ai nostri decisori politici le scelte innovative e coraggiose che uno sviluppo moderno richiede. L’obiettivo finale non è solo moderare i cambiamenti climatici ma fare in modo che i ragazzi, prima di partire per Inghilterra, la Germania, o in Costa Smeralda come camerieri stagionali, potrebbero dare qui uno sguardo e vedere che ci sono cose nuove da fare. Però non chiamatelo green new deal. Se vogliamo un nome carismatico, suona bene VertAlguer; un pizzico di catalanismo aggiunge fascinazione e richiama la nostra germanitat. Tradizione e innovazione.
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