Red
19 giugno 2019
Notables: Massimiliano Caria a Casa Manno
Casa Manno per il Contemporaneo ospiterà all´inaugurazione della mostra curata da Mariolina Cosseddu. L´inaugurazione, organizzata con il patrocinio del locale Comitato della Società Dante Alighieri, si terrà venerdì sera
ALGHERO - Casa Manno per il Contemporaneo, ad Alghero, ospiterà all'inaugurazione di “Notables”, la mostra fotografica di Massimiliano Caria curata da Mariolina Cosseddu. L'inaugurazione, organizzata con il patrocinio del locale Comitato della Società Dante Alighieri, si terrà venerdì 21 giugno, alle 18. L'allestimento sarà visitabile fino a lunedì 8 luglio nei giorni di apertura del museo (venerdì, sabato, domenica e lunedì, dalle 16 alle 20, con ingresso ad offerta libera. «Potrà sembrare una contraddizione, ma i lavori fotografici di Massimiliano Caria, virtuosi nella tecnica e impeccabili nella messa in scena, mentre sembrano esaltare l’autorità del personaggio raffigurato, ne mettono in luce l’intima natura prepotente, egocentrica, fors’anche misogina. Un corpus di opere ironicamente ingannevoli – spiega Cosseddu - che ruota attorno ad un nucleo tematico da anni congeniale al suo autore: l’antitesi tra realtà e apparenza. Tra la realtà dell’umano sentire, rivelata dagli istinti primordiali nascosti tra i pantaloni, e l’apparenza della retorica del potere. Dei suoi vizi e delle sue vanità».
«Notables è un progetto a più sfaccettature, come un prisma smerigliato rimanda a visioni multiple ma l’insieme mostra la faccia narcisista dei privilegi di censo. E non solo – prosegue la curatrice - privilegi di casta, di nascita, di ruoli sociali. Così Massimiliano Caria da vita a una galleria di ritratti che giocano a immedesimarsi nella pittura colta e raffinata del Seicento europeo, quella che va da Rubens a Van Dyck a Velàsquez fino alla ritrattistica ottocentesca di David, Ingres e Goya, in un garbato e impertinente sistema di richiami, allusioni, rinvii. Lo stesso dialogo che la mostra stabilisce con gli spazi di Casa Manno, in un allestimento che discretamente incrocia e intreccia gli arredi e le atmosfere del museo con la fotografia contemporanea. Il progetto, che ha preso l’avvio nel 2013, si è andato sviluppando nel tempo ampliando la casistica di figure solenni in costume, ambientate in uno spazio essenziale eppure significativo del ruolo interpretato. A rendere la composizione suggestiva e sollecitante, come un luminoso quadro da ostentare in un sontuoso salotto, la meticolosa costruzione del set approntato attraverso un lavoro di armonie cromatiche e luministiche, di toni e timbri dati per contiguità o per antitesi, in ogni caso funzionali alla celebrazione di una tipologia sociale di classi dominanti. Banchieri, alte cariche militari, esploratori, prelati, filosofi vengono colti dall’obbiettivo di Caria in posa monumentale, leggermente scorciati e da un punto di vista ribassato, volto e mani in evidenza, sguardo intenso e ammiccante, contatto con osservatore assicurato».
«Ma non potrà sfuggire, nella messa in scena di una così concentrata e densa narrazione del personaggio, la prorompente virilità che anima il basso ventre di questo universo maschile e maschilista. Compiaciuto di se, in atteggiamento eroico, a volte sfrontato, altre impenetrabile, il protagonista è colto, immancabilmente, in evidente eccitazione che non lascia dubbi sulla sua perturbante volontà a un coito con se stesso, ad una solipsistica rappresentazione della propria sessualità. L’immagine cela e mostra, in questo modo, la natura duplice della figura, ambigua e sfuggente, artificiosa e in fondo patetica, in preda ad un autocontrollo sociale che non riesce però a mettere a freno gli istinti sessuali, i più famelici e i più voraci. La posa altezzosa, irrigidita, bloccata nella dimostrazione di un io che passa attraverso il membro virile, finisce per innescare l’effetto contrario al presupposto di partenza: il sentimento del ridicolo stringe da ogni parte il personaggio, lo colloca, suo malgrado, su un piedistallo umoristico, lo rivela nella nudità della debolezza umana. Se poi si guarda meglio agli aspetti compositivi di queste microstorie non si potrà non cogliere, pur nella essenzialità della scena costruita in studio, una strisciante bellezza delle cose che seduce lo spettatore e che diventa la metafora stessa del potere e dei suoi subdoli effetti. La raffinatezza delle carte da parati che fanno da sfondo scenografico si sposa con tappeti e pavimenti, con pochi emblematici oggetti e si coniuga con lo stesso abbigliamento del personaggio costringendolo dentro un bozzolo di cui rimane prigioniero. Nell’estetica decadente in cui si staglia la figura maschile che cerca conferme di se stesso c’è la denuncia, neanche poi così velata, di un mondo fatuo, fasullo, animalesco, di cui possiamo, con consapevole sicurezza, sorridere a distanza», conclude Mariolina Cosseddu.
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