Dimissioni (o sospensione che sia) scongiurate per il primo cittadino di Alghero, pressato per la candidatura con Massimo Zedda in Regione. Lui ringrazia ma con grande senso di responsabilità dice: viene prima la città. L'odierna scelta del sindaco Mario Bruno riporta alla memoria gli "illustri" precedenti. Su tutti le dimissioni del 2008 e la mancata candidatura di Tedde decretata dai vertici di Forza Italia. "Tragicomica" Alghero, in attesa che una nuova classe politica (che non si vede) si affacci all'orizzonte
La città di Alghero avrà il suo sindaco fino alla naturale scadenza elettorale di fine maggio 2019. Quando mancano ormai pochi mesi alle Amministrative, al netto di fiammate pre-elettorali poco realistiche ma sempre possibili sulla costa nord occidentale dell'Isola, abituata davvero a tutto sul fronte più strettamente legato alla politica, l'odierna rinuncia del Primo cittadino alle garbate
avances di
Massimo Zedda, sempre più in corsa per la conquista della presidenza della Regione con la nuova coalizione dei Progressisti di Sardegna, decreta la prima logica conseguenza. Lui ringrazia, ma con grande senso di responsabilità dice: «viene prima la città». Era dai tempi del primo mandato di Marco Tedde che questo non accadeva: Correva l'anno 2007.
Seguirono quattro anni turbolenti sempre targati Centrodestra e Forza Italia, che portano a nove gli anni di amministrazione negli ultimi 15. In mezzo due commissari straordinari intervallati dalla breve esperienza del sindaco Stefano Lubrano. Voltando lo sguardo però, l'odierna scelta del sindaco Mario Bruno riporta alla memoria gli "illustri" precedenti. Le sirene cagliaritane e le comode poltrone di via Roma, infatti, hanno da sempre solleticato gli appetiti dei politici locali, anche quelle dei sindaci. Su tutti le dimissioni del 2008 e la successiva, clamorosa mancata candidatura di Tedde decretata dai vertici (sassaresi e cagliaritani) di Forza Italia. Era il
31 dicembre 2008 quando l'allora sindaco in vacanza a Phuket, dopo un anno e mezzo scarso di mandato (il secondo), si fece addirittura chiedere dal suo partito di lasciare tutto per conquistare un posto tra gli scranni del parlamentino regionale. «Alghero così conterà di più» era il monito del Centrodestra, con molti che forse speravano anche di fare "spazio" in città. Dopo pochi giorni dovette mestamente constatare che per lui a Cagliari non c'era proprio spazio.
Dimissioni ancora più clamorose perchè seguirono di qualche mese la prima grande crisi. Correva il
14 maggio 2008 infatti, quando Marco Tedde lasciò tutti di stucco e rassegno le dimissioni a pochi mesi dalla vittoria elettorale: «Scelta obbligata e coerente quella delle dimissioni, alla luce del fatto che la maggioranza pare avere smarrito la via maestra che il successo elettorale del 2007 gli aveva fatto intraprendere. I partiti che la compongono hanno perso il “polso politico” della situazione, non riuscendo a sostenere l’amministrazione ed il Sindaco» le sue parole. Al tempo le dimissioni erano soltanto il pretesto per tenere in piedi la maggioranza, ma al contempo segnarono l'anticamera di quello che sarebbe successo pochi anni dopo, fallito il tentativo di ingresso in Regione. Era il
28 novembre 2011 quando sedici consiglieri, dopo nove intensi ma logoranti anni di amministrazione, decretarono la fine dell'era Tedde. Liti, tradimenti e soprattutto veleni che ancora oggi rimangono in circolo tra gli ex amministratori e tra i partiti del tempo. In attesa che una nuova classe politica (che non si vede) si affacci all'orizzonte. Corsi e
ricorsi elettorali.