Il delegato Wwf per la Sardegna Carmelo Spada ha inviato una lettera aperta all’assessore regionale dell´Agricoltura, con delega alla pesca, Pier Luigi Caria, «su una questione spinosa»
ALGHERO - Il Wwf ha preso atto delle dichiarazioni rilasciate alla stampa dall’assessore regionale dell'Agricoltura, con delega alla pesca, Pier Luigi Caria, che ha annunciato la costituzione di parte civile nei processi contro i “predoni di ricci di mare”
[LEGGI]. Allo stesso tempo, però, l'associazione ambientalista ricorda che lo stesso assessore ha prorogato al 3 maggio la chiusura della pesca legale del ricco prevista per il 15 aprile
[LEGGI]. «E’ evidente – si legge nella lettera aperta firmata dal delegato Wwf per la Sardegna Carmelo Spada - che i sequestri, l’ultimo in ordine cronologico effettuato dalla meritoria azione della Guardia di finanza di Alghero, sono la punta di un iceberg di un fenomeno molto più vasto, ed anche per questo motivo non ci saremo aspettati la proroga».
Al tempo stesso, il Wwf da atto dell’impegno della Giunta regionale, che nei mesi scorsi ha stanziato 145mila euro all'Agris per il monitoraggio degli stock di riccio di mare e di oloturia presenti nelle acque della Sardegna. «Fondi probabilmente non sufficienti per un monitoraggio approfondito e che necessita di inserimento strutturale nel bilancio regionale. E’necessario disporre di dati scientifici aggiornati e reali per poter pianificare un’appropriata e oculata gestione della risorsa con un prelievo sostenibile nel breve, medio e lungo termine. Il Wwf rimarca che l’eventuale overfishing legale (e ancor peggio, sempre e in qualunque periodo dell’anno, quello illegale) va a detrimento anche di altre specie collegate, in quanto si modificano la reti trofiche. Quindi il prelievo eccessivo, dettato da un bisogno secondario, porta ad una trasformazione ambientale che, non essendo immediatamente evidente, può produrre danni di cui ci si accorgerà troppo tardi, quando saranno irreversibili coinvolgendo tutta la filiera della pesca».
«Una seria gestione della risorsa deve prevedere e rendere concretamente operativi (e senza deroghe) i distretti di pesca, la quantificazione della risorsa con i dati del prodotto pescato e il calcolo della biomassa di zona su base biennale. Con simili misure e senza tentennamenti si potrebbe iniziare ad invertite la situazione attuale prevedendo per il riccio di mare la rotazione delle aree di pesca ed, occorrendo, attuare anche il blocco totale della pesca. Infatti – sottolinea Spada - va ricordato che un riccio per raggiungere 6centimetri impiega cinque anni e la crescente pressione sulla risorsa con l'aumento dei consumi suscita seri interrogativi in termini di sostenibilità del prelievo sino ora fatto. E’ ormai ineludibile una politica di gestione differenziata per bacini di pesca, che preveda controlli stringenti e adeguati delle quantità di pescato e rotazioni tra aree di sfruttamento, per rendere possibile la rigenerazione degli stock. Si deve mettere a sistema una strategia di monitoraggio continuo nel tempo ed affidabile dello stato degli stock nel mare della Sardegna. In tal senso è emblematico il caso dell’Area marina protetta di Capo Caccia, che ha visto triplicare la pressione di pesca passando da 18.400 del 2016 a circa 55mila ricci pescati, mentre l’ultimo studio sullo stato della specie risale al lontanissimo 2007. L’impegno di tutti (Istituzioni, operatori economici, portatori di interesse e forze di controllo) deve essere quello di contribuire allo sviluppo sostenibile dell’intero comparto anche per quanto concerne lo smaltimento e riutilizzo dei cosiddetti “gusci” dei ricci prevedendone l’impiego nelle pratiche agronomiche di fertilizzazione dei terreni», conclude il delegato sardo del Wwf.
Nella foto: l'assessore regionale Pier Luigi Caria