Cor
24 agosto 2007
Caro Antonio Marras...
Mi permetto di darti del tu anche se non ci conosciamo, lo faccio da sarda, tua conterranea, spero non me ne vorrai. Questa mia è l’ultima di una serie di lettere che ho provato ad inviarti senza successo e alcuna risposta da parte tua. Anche quest’anno, da donna testarda quale sono, ho deciso di visitare la tua mostra, ospitata presso il liceo classico Manno di Alghero, ancora un generoso omaggio offerto alla tua città natale, pubblicizzato come ogni anno con articoli, locandine e grande entusiasmo. Vengo al punto Antonio, mi rendo conto che il tuo tempo sia molto più prezioso del mio. Io non potrò mai vedere una tua mostra per intero.
Per chi come me si muove su una carrozzina, strumento prezioso per uscire, vivere e relazionarsi col mondo, accedere all'arte è spesso assai difficile, non basta la passione, l'interesse per superare gli ostacoli che l'uomo ha costruito. Non ho mai potuto vedere le tue mostre ad Alghero perchè le hai sempre realizzate in luoghi impervi, vecchi, pensati solo per quella bizzarra categoria di persone che si muovono, sfilano, saltellano qua e là tra scalini e muretti. Luoghi senz'altro suggestivi, come una vecchia scuola, una villa o una ex caserma, ma certamente poco adatti a tutte quelle persone che non rispondono all'ideale della perfezione.
Intravedo talvolta, insito nello stesso concetto di arte e cultura, un certo non so che di elitario, della serie "meglio pochi ma buoni", ma non mi pare che il tuo substrato culturale sia questo. E allora mi domando se ti sia mai posto il problema delle barriere architettoniche legate alle tue sedi espositive... non si sa mai, può anche darsi che tu lo ignori ingenuamente e non te ne faccio una colpa.
Così, speranzosa almeno quest’anno di poter visitare la tua mostra, mi sono recata al liceo Manno col mio fidanzato ed insieme abbiamo rischiato di cadere dalla rampa ripida oltre ogni immaginazione, senza protezione laterale né sistemi anti scivolo posta all’ingresso, per poi scoprire, come ogni anno, che la mancanza di un ascensore mi avrebbe consentito solo una misera visita al piano terra, due stanze in tutto di allestimento. A questo punto mi domando come sia possibile, nel 2007, che una scuola pubblica, un liceo, sia ancora pieno di barriere, inaccessibile non dico ai visitatori di una mostra, ma agli studenti algheresi disabili che abbiano l’ardire di voler frequentare un liceo classico anziché i soliti istituti tecnici, sempre che non si fermino alla licenza media.
Potrei farti altri esempi di spazi deputati alla cultura ma negati a chi non ha la fortuna di godere di una mens sana in corpore sano: il Palazzo della Frumentaria, l’Aula Magna dell’Università, luoghi storici della città di Sassari che riflettono la miopia di chi, troppo concentrato a fare cultura, si dimentica di renderla accessibile a tutti, anche nel senso letterale e architettonico del termine.
Per concludere, caro Antonio, potresti farti dare lezioni di apertura e rispetto verso tutti da un altro sardo generoso e pieno di talento: quel Paolo Fresu che ha saputo affidare l’organizzazione di “Time in Jazz” a mani esperte, cortesi e accoglienti. Quanta civiltà ho respirato quest’anno alla rassegna, c’è stato sempre chi ha considerato le persone disabili come spettatori meritevoli e attenti ed ha riservato loro spazi adeguati e disponibilità. Per fortuna l’arte non è sempre e soltanto elitaria.
Francesca Arcadu
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