Sono rientrati questa mattina nel porto di Porto Torres i dieci uomini di equipaggio che il 3 novembre avevano lasciato gli ormeggi per dirigersi in Grecia nella missione per il controllo dei traffici clandestini
PORTO TORRES - Sono rientrati questa mattina nel porto di Porto Torres i dieci uomini di equipaggio che il 3 novembre avevano lasciato gli ormeggi per dirigersi in Grecia nella missione per il controllo dei traffici clandestini. Così la motovedetta CP 291 al comando del primo maresciallo Mariano Atzeni, ha fatto rientro al comando di Porto Torres al termine del periodo di missione nel Mar Egeo nordorientale, teatro operativo dell’operazione Frontex “Poseidon” sul controllo dei flussi migratori clandestini nel Mediterraneo.
Ad un miglio dall’imboccatura del porto, secondo un rituale del codice marinaresco per suggellare l’importanza del momento e la vicinanza dei colleghi, la motovedetta CP 291 è stata accolta da un’altra unità della Guardia costiera turritana e da un rimorchiatore portuale, mentre le unità navali presenti in porto hanno emesso fischi di saluto. In banchina, ad accogliere i militari rientrati dalla delicata missione sul controllo dei flussi migratori erano presenti il comandante della Capitaneria di porto, Capitano di Fregata (CP) Emilio Del Santo, il personale dipendente, i familiari dei 9 membri d’equipaggio, nonché il luogotenente Carlo Chessa, sbarcato dalla motovedetta CP 291 in Grecia il 24 dicembre 2017 per avvio in congedo.
La motovedetta CP 291 è un pattugliatore d’altura di moderna concezione, lungo 25 metri, capace di un’autonomia di quasi mille miglia e dotato dei più moderni e sofisticati sistemi radar di scoperta navale per l’impiego ad ampio raggio nei teatri operativi nazionali ed esteri. All’arrivo in porto, il Comandante Del Santo, anche a nome del direttore marittimo di Olbia, Maurizio Trogu ha espresso al comandante dell’unità ed a tutti i membri dell’equipaggio, parole di apprezzamento per l’intensa attività svolta nel Mar Egeo lontano dai propri affetti più cari che hanno dovuto sopportare un distacco durato più di tre mesi.
Il sacrificio dei militari della Guardia Costiera turritana e delle loro mogli, fidanzate e dei figli, taluni anche in tenera età, è stata però essenziale per fornire alla Grecia un ulteriore supporto ed assistenza tecnica con l’obiettivo di rafforzare la capacità di sorveglianza delle frontiere sul controllo dei flussi migratori.