Red
22 gennaio 2018
Economia artigiana, cala la fiducia
Secondo i dati dell´ottavo Rapporto congiunturale sulle imprese artigiane in Sardegna, si allarga la forbice tra grandi e piccole imprese. In Sardegna sono censite circa 35mila imprese artigiane: alla fine del 2017 se ne contano 7.660 in meno rispetto al 2008 (-18percento)
CAGLIARI - Cala la fiducia e si allarga la forbice tra grandi e piccole imprese. E’ quanto emerge dall’ottavo Rapporto congiunturale sulle imprese artigiane della Cna Sardegna. La ricerca, effettuata su un campione di 700 imprese, fotografa la reale condizione delle aziende artigiane della Sardegna attraverso i principali rilevatori economici (ordini, fatturato, occupazione, accesso al credito e costi di produzione), offrendo un quadro aggiornato sulla particolare congiuntura economica e importanti indicazioni per valutare l’impatto che il protrarsi della crisi sta avendo sul sistema delle imprese artigiane sarde. Come si evince dalla ricerca, le speranze che il 2017 rappresentasse l’anno della ripresa dell’economia artigiana della Sardegna dopo quasi nove anni di crisi si sono dimostrate purtroppo ottimistiche.
Non solo l’anno passato si è concluso con un nuovo calo dell’attività, ma anche le indicazioni per l’ultima parte del 2017 raffreddano le aspettative di crescita per il nuovo anno. Seppure l’artigianato rappresenti una parte consistente dell’economia regionale, il settore continua a soffrire terribilmente la debolezza del contesto congiunturale, ed anche l’anno passato ha dovuto mettere a bilancio una nuova riduzione del numero di imprese attive: con il 2017, saranno nove gli anni consecutivi di crisi dell’imprenditoria artigiana nell’Isola. Anche se, considerando le indicazioni che arrivano dall’indagine della Cna, la speranza è che il 2018 possa rappresentare l’anno di una prima, seppur timida, inversione di rotta.
Il sistema dell’artigianato regionale era cresciuto con continuità fino al 2008, quando in Sardegna erano censite 43mila imprese artigiane contro le circa 35mila di oggi: alla fine del 2017 si contano (rispetto al 2008) 7.660 imprese in meno (quasi il 18percento dello stock del 2008). Eppure, nonostante queste difficoltà, gli artigiani continuano a rappresentare un quarto del sistema imprenditoriale della Sardegna. Nel 2017, rispetto allo stesso periodo del 2016, il numero di imprese artigiane attive si è ridotto del 2percento, e guardando al dato settoriale, sono ancora pochi i segnali positivi. Anche grazie alle buone performance del turismo regionale si è stabilizzata la situazione nel settore alberghiero e della ristorazione, mentre il commercio al dettaglio si mostra come l’unico settore con il segno positivo. Grosso modo stabili in numero le imprese artigiane del settore manifatturiero agroalimentare, mentre continuano a soffrire legno e carpenteria metallica. Ancora critica la situazione nell’edilizia: alla fine del 2017 le imprese artigiane di costruzioni erano 13.082, contro le 13.395 di fine 2016. Negativo anche il dato dei trasporti, con altre 77 aziende sparite dal registro delle imprese attive. Al livello territoriale, i segnali negativi sono generalizzati, con il calo maggiore che si registra nella provincia di Oristano.
«Dal nostro rapporto - dichiarano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna - emerge in maniera sempre più evidente come il progressivo e generale miglioramento dell’economia, in passato capace di diffondere e spalmare i suoi effetti positivi su tutte le fasce dimensionali di impresa, oggi avvantaggia e premia i soggetti più forti e strutturati. Ciò non avviene solo in forza della maggiore e riconosciuta capacità delle imprese più grandi di reggere meglio la congiuntura avversa, ma come appare sempre più evidente, anche e soprattutto grazie alle maggiori opportunità offerte loro, in termini di risorse e di strumenti messi in campo dal legislatore. È indubbio che in Sardegna il superamento delle leggi di settore, con il rispettivo corollario di strumenti di sostegno, è stato sostituito da un processo di riconfigurazione degli interventi che fin qui ha disatteso le premesse di assicurare equilibrio, pari opportunità e risorse congrue al sistema delle piccole imprese. Tendenza che può e deve essere corretta con una serie di interventi che in maniera virtuosa e non assistenziale parlino al mondo della piccola impresa e ne riducano il disagio come Cna propone da tempo. La sfida per il rilancio dell’economia isolana è anche quella di rendere meno ostile l’ambiente alle Pmi, che debbono poter contare su risorse dedicate e strumenti agevolativi e di supporto pienamente fruibili. Per questa ragione, Cna chiede alla Giunta regionale l’apertura di un tavolo di confronto e di riflessione sulla necessità di “aggiornare la strumentazione esistente” e definire le azioni e gli interventi che in maniera virtuosa e non assistenziale parlino al mondo della piccola impresa e ne riducano il disagio.
Anche il piano straordinario del lavoro può rappresentare un’opportunità di crescita per le imprese di piccola dimensione a condizione che la parte più rilevante delle risorse - dichiarano Piras e Porcu – si concentri su quella tipologia di opere “a spesa immediata” che producono le più alte ricadute economiche ed occupazionali come lo sono gli interventi di riqualificazione ed efficientamento degli immobili pubblici, da preferire alle sciagurate ipotesi di utilizzarle per l’apertura di nuovi cantieri comunali. Se così fosse saremo nel solco di interventi puramente assistenziali che nulla hanno a che vedere con la creazione di posti di lavoro veri. Questi si creano se sono le imprese e non i municipi ad aprire i cantieri nei nostri Comuni».
Nella foto: Pierpaolo Piras
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