Tonio Mura
20 settembre 2017
L'opinione di Tonio Mura
Il sottobosco economico della Porta d´Oro
Passato il mese di Agosto si può cominciare a fare una riflessione su come la nostra cittadina abbia affrontato il crescente flusso turistico che, dopo aver rinunciato al Nord Africa e ad altri Paesi “caldi”, si è riversato sulle nostre spiagge, nei nostri ristoranti, tra i tavolini dei nostri bar o in altri locali commerciali. Cominciamo appunto con un giro allo storico Mercato Civico, per acquistare del pesce e qualche verdura. All’ingresso l’impressione è quella del disordine, con i banchi di pesce tra pomodori e banane e i venditori che cercano di districarsi tra semplici curiosi e pochi clienti. Al primo acquisto di pesce mi rifilano due scontrini abbandonati sulla cassa, che neppure coprono il costo della mia spesa. Alla verdura invece lo scontrino non me l’hanno proprio dato. Avrei potuto chiederlo ma con molta nonchalance il venditore rivolge immediatamente la sua attenzione ad un altro cliente, che di certo non vuole ritardare la sua fila per una bazzecola del genere!
Mentre cerco di raggiungere il parcheggio a pagamento, dove ho lasciato la mia macchina, incontro una cara amica che mi rende partecipe delle sue preoccupazioni: il figlio minorenne per la prima volta è stato assunto in un ristorante locale. Assunto è una parola grossa perché non è sotto contratto, poi deve imparare ancora tutto per cui la paga è bassa, forse molto bassa rispetto alle ore di lavoro, compreso il volantinaggio pubblicitario. Sento, da una parte l’indole sua materna di difendere il proprio figlio da certe forme di sfruttamento (perché di questo si tratta), dall’altra il coraggio di lasciare che il proprio figlio si misuri con la realtà del lavoro, per rendersi più indipendente e maturare in responsabilità. Trapela però un certo disgusto, per come vanno certe cose e per l’impossibilità di poterle cambiare: tutti sanno che è così ma nessuno fa niente per dare più di dignità a questi “lavoretti” cosiddetti stagionali.
Saluto e continuo per la mia strada ma la mattinata è davvero sorprendente. Incrocio due miei studenti dell’alberghiero, partono le solite battute ironiche ma prima di salutarci passiamo alle cose serie. Chiedo: dove state lavorando? Risposta: Non abbiamo trovato lavoro. Ribatto: Non lo avete cercato, in questo periodo lavorano tutti. Altra risposta: si, è vero, lavorano quelli che accettano certe condizioni. Noi non abbiamo studiato per lavorare dodici ore al giorno con un contratto part-time! Spiegatevi meglio, chiedo io. Qui ad Alghero si usa assumere i dipendenti più giovani sempre per poche ore, poi però si lavora come minimo dodici ore al giorno. Le poche ore assicurate sono pagate in busta paga, il resto è fuori busta e anche senza considerare gli straordinari. La nostra professionalità non la vogliono pagare e assumono gente che sta studiando all’artistico o ai geometri, se non al classico! Li saluto provando a incoraggiarli ma so che la mia è solo una finzione.
Ricordo che da giovane anch’io ho vissuto certe ingiustizie e purtroppo mi rendo conto che col tempo è cambiato ben poco, forse con la scusa della crisi la situazione è anche peggiorata. Pensavo fosse finita qui, invece passo accanto ad uno di quei locali che fanno le sette del mattino. Attorno, le lattine e i bicchieri abbandonati non si contano, i mozziconi di sigaretta gettati per terra sono più delle formiche, per non parlare dei contenitori vuoti di patatine o panini mangiati per strada. Prima o poi passeranno a pulire, penso, e difatti in lontananza vedo che arriva un netturbino in Ape 50. Nel contempo mi prende uno scatto d’ira: com’è possibile tollerare tutto questo? Perché un netturbino deve fare ciò che dovrebbe fare il titolare del locale, cioè rendere dignitoso lo spazio interno ed esterno della sua attività? Mi si potrebbe rispondere che il titolare paga le tasse, ma anche ammettendo che le paghi tutte per intero siamo sicuri che bastino a pagare il netturbino che tutti i giorni e per quasi mezz’ora deve ripulire quello spazio? La mia impressione è che non bastino, e che quindi anche io cittadino contribuisca, con le mie tasse, a pulire uno spazio dove alberga il menefreghismo del titolare e l’inciviltà dei suoi clienti. Passo anche davanti ad una pizzeria da asporto e il mio sguardo si ferma sulle due moto parcheggiate sul marciapiede.
Si capisce che sono quelle di servizio dal bauletto usato per il trasporto delle pizze. Noto che sono abbastanza sgangherate, da cui deduco che anche la sicurezza di guida non sia il massimo. Eppure queste moto di notte sfrecciano superandoti a sinistra ma anche a destra, non rispettano un solo semaforo rosso mentre lo stop è un optional. Talvolta hanno i fari spenti, anzi non funzionanti, e il rischio che il giovane guidatore si assume non è di poco conto. Tutto perché è nell’interesse del titolare della pizzeria che le sue pizze siano consegnate il più in fretta possibile, ancora calde di forno, e più si fa veloci e più pizze lui riesce a vendere. Mi dicono che per l’addetto alla consegna ci sia un fisso, che però varia in base alle vendite, e poi le mance dei clienti, sempre più rare e sempre più povere. Il contratto è una chimera mentre i pericoli della strada ci sono tutti. Questo è il racconto, adesso passiamo alle considerazioni che mi preme evidenziare.
La prima: una imprenditoria che non paga le tasse non dovrebbe neppure chiedere le decontribuzioni o gli aiuti di Stato o qualsiasi altra cosa che sia utile a mantenere in piedi l’attività. Non lo dovrebbe chiedere per la semplice ragione che sopravvive nell’illegalità. Qualcuno sostiene che in Italia si paghino troppe tasse e troppo alte. Verissimo, ciò però non autorizza l’imprenditore ad evaderle, semmai a contestarle adottando metodi civili. Non pagare le tasse poi significa dichiarare un reddito differente rispetto alla portata dei guadagni, che molte volte si traduce in altre agevolazioni, ad esempio per l’iscrizione del figlio all’università o per ottenere i libri in comodato d’uso. Cosa vista da me: il figlio del manovale muratore costretto a comprare tutti i libri scolastici, il figlio del noto venditore con la barca ormeggiata in porto che ritira gratuitamente i libri a scuola, senza neanche la fatica di doverli ordinare. Il primo ha solo i libri più necessari, il secondo li ha tutti in comodato d’uso, compreso quello di religione e di educazione fisica.
La seconda: il datore di lavoro che paga lo stipendio metà in busta paga e metà in nero arreca un danno non solo allo Stato ma anche al giovane lavoratore, a chi gli ha permesso di fare il grosso e grasso incasso estivo. Perché quel giovane lavoratore che magari ha lavorato cinque mesi se ne ritrova al massimo solo due utili per il calcolo della disoccupazione, il che significa che dovrà affrontare i mesi duri dell’inverno senza alcun sostegno economico, perché quei due mesi li potrà recuperare solo dopo l’estate successiva.
La terza: ad Alghero spesso e volentieri le associazioni di categoria legate al commercio intervengono per lamentarsi sul servizio di raccolta dei rifiuti, per le restrizioni nella distribuzione dell’acqua potabile, per la carenza di programmazione nel calendario degli eventi o degli spettacoli, contro i regolamenti per l’occupazione di suolo pubblico e altro ancora. Mai però che si chieda agli assistiti di fare appieno il loro dovere, ricordando che i servizi si pagano con le tasse versate, non con quelle evase. Oppure sollecitando i titolari di attività turistiche ad organizzare loro stessi gli eventi di richiamo, come accade in ogni parte della riviera romagnola e nelle importanti località turistiche estere. Da noi no, tutto è dovuto, tranne le tasse e gli stipendi in regola!
La quarta: nonostante i risparmi ricavati tramite l’evasione e le paghe in nero, è arcinoto che Alghero, d’estate, è una città carissima. Il rapporto qualità/prezzo è pessimo e più di una volta le lamentele del turista finiscono sulle pagine di importanti giornali nazionali. Ciò implica la non fidelizzazione del turista, che prima di ritornare ad Alghero si farebbe tagliare i piedi! Il contrario di ciò che dovrebbe accadere, cioè creare affezione per la nostra città, anche attraverso una politica dei prezzi e dell’accoglienza che sia proporzionata a quello che si offre. La quinta: è necessario che lo Stato faccia lo Stato. Quello che succede ad Alghero non è un fatto isolato, men che meno è un fatto sconosciuto. Non penso proprio che le autorità di controllo siano all’oscuro di questo sistema ma non capisco perché non si intervenga, da cosa dipenda tale reticenza. In fin dei conti i cittadini davanti allo Stato sono tutti uguali, l’imprenditore e il suo dipendente. Negli USA, la democrazia a cui noi ci ispiriamo, chi evade è considerato alla stregua di un delinquente, da punire nelle forme più severe. Da noi invece il tipo passa per furbo, con la complicità degli organi di controllo, assolutamente inadeguati alla loro funzione.
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