Red
10 dicembre 2016
100 anni dalla Grande Guerra: un´Isola in battaglia
Su Calendariu 2016, inserito tra le iniziative accreditate quale progetto rientrante nel Programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della Prima Guerra mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale, è corredato da didascalie che offrono una lettura delle vicende italiane viste con occhio sardo
CAGLIARI - Su Calendariu 2016, inserito tra le iniziative accreditate quale progetto rientrante nel Programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della Prima Guerra mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale, è corredato da didascalie che offrono una lettura delle vicende italiane viste con occhio sardo. Ogni mese è illustrato da immagini inedite provenienti da Cagliari.
Con l’inizio della Grande Guerra per l’Italia, la Sardegna subì la subordinazione dell’intera economia isolana ad esigenze ed a problemi esterni, spesso in contrasto con i bisogni e le necessità della popolazione locale. Dopo le menzionate difficoltà del settore del piombo del 1914, tale settore si riprese con l’ingresso in guerra, ricavando profitti enormi; tuttavia solo una minima parte di tali proventi ricadde sull’Isola, essendo ubicate in Penisola le sedi delle aziende che gestivano gli impianti di estrazione. La Sardegna fu in primo luogo considerata una potenziale fornitrice di prodotti alimentari dal governo nazionale.
Fu sancito l’obbligo di vendere all’Esercito tutti i bovini e fu introdotta una fitta rete di calmieri e requisizioni. I prezzi di acquisto dei prodotti agricoli e dell’allevamento di animali praticati dalle Autorità militari sull’Isola furono al maggior ribasso rispetto ad altre zone d’Italia, soprattutto a causa della presenza di avidi e cinici mediatori (denominati “pescicani”). Accanto ai soldati al fronte, anche la popolazione civile iniziò così a pagare un duro scotto alle esigenze del conflitto, con una sorta di vera e propria rapina della già “non grande” ricchezza economica dei sardi. Il magistrato Giovanni Maria Lei-Spano iniziò a segnalare la circostanza con una serie di articoli di protesta apparsi sui quotidiani sardi. Private di gran parte della manodopera maschile, le campagne isolane iniziarono a vedere un’importante ed inevitabile calo della produzione dopo il 1915.
Nella foto (Cagliari, archivio del Generale don Giovanni Maria Garrucciu Melis): Alpini al ritorno da una caccia
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