Verrà inaugurata venerdì sera, negli spazi della galleria Bonaire Contemporanea, la mostra dell´artista sassarese
ALGHERO - “Trepercento”, collettivo di artisti presenta quarantadue giorni, breve ciclo di mostre personali della durata di una settimana ciascuna, nelle sale della galleria Bonaire Contemporanea in Via Principe Umberto 39, ad Alghero. La rassegna, che si concluderà venerdì 11 novembre, pone l’accento sull’uso del mezzo fotografico in ambito artistico con i lavori degli artisti Giulia Sini, Francesca Randi, Enrico Pugioni, Gianni Ruggiu, Giulia Sale, Marcello Scalas e Giusy Calia.
Attorno ad un tavolo rotondo blu con dietro una credenza ancora blu con profili cromati. Il gusto di un tardo 1970 prossimo all'80. Caffè. Zie, madre, forse cugine grandi. Zia, ombretto celeste perlescente vicino al colore dei suoi occhi, di un verde chiaro, messinpiega bionda, gonfia, lacca rigida, la stessa di mia madre, rossetto rosso per gli ospiti, bocca grande ridanciana, vestito sgargiante in Terital, chiede “Gradite dei Pitifù?”. Lo dice col sopracciglio alzato e la voce arricciolata, la bocca che si raccoglie a cilindro vermiglio. Anche io, per l'occasione, sorbisco i miei due millimetri di caffè nella tazzina, benchè piuttosto giovane. Ha dei granelli sul fondo, poco intenso e molto dolce. Un meritato supplizio. Foderata dalle chiacchere degli adulti, effetto matelassé. Odore di sigaretta e di pranzo, briciole di pane incastonate sotto gli avambracci. La carta rosa della pasticceria. "Prendi un Pitifù".
Mi ero rigirata in testa quel nome arrotondato con finale pizzoso come i colli in nylon bianco a cuoricini aggressivi delle camicette ricamate da mia madre che mi procuravano accesi sfoghi cutanei. Per scoprire poi che erano quelli brutti delle occasioni speciali, delle domeniche e delle feste, gli ultimi che avrei scelto, potendo, i disadattati. Toglievo il candito, meglio quello rosso, che lasciava sempre un cerchio pallido sotto di sé, come una personcina abbronzata che si fosse tolta il costume da bagno. Lo mangiavo a parte: le ciliegine sulle torte sono il punto che conclude il paragrafo, The End alla fine di un cartone animato, That's all folks.
Divenne noto in seguito che Piti era Petit, e in un ibrido polilingue me li immaginai come Petit 4, i Magnifici Quattro, ipotizzando canditi rossi, verdi, giallo furioso e un quarto misterioso accessibile quasi a nessuno. Poi Petit Fools o Petit Follies, che li rese scoppiettanti nella mia fantasia come piccole casalinghe depresse e grigie che a suon di gocce corroboranti acquistano esagerati buonumori ed escono indossando cappellini deliziosi e rouge à lèvres sgargianti. Ne conservai il nome per quasi tutta la mia vita. Questo fu sinché in età avanzata un giorno ebbi la noia di chiedere quello vero, che mi si rispose essere Forno, ma rifiutandomi di riportare un dolcetto mitologico, pivot della mia crescita, pole del mio dancing nella vita dall'infanzia al primo (anche secondo) incanutimento, allo stato di dolcetto banale, ebbi subito una visione del forno di Hansel e Gretel.
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Giulia Sini nasce a Sassari nel 1969, dove tuttora vive e lavora. Dopo Istituto d'arte e Accademia, per alcuni anni fa esperienza di teatro di strada e per spazi alternativi, immaginando di allargare i propri orizzonti geografici, ma non lo fa. Nel frattempo incontra internet, nel 1998, quando sembra ancora novità e avanguardia per i comuni mortali, e per uno di quegli strani casi della vita, inizia a lavorare nel digitale, allargandosi geograficamente solo nei nodi della rete. Nascono progetti online e interazioni che finiscono col tempo dispersi nel mare del 404 Not Found. Continua ad oggi a convivere nella sua produzione la pratica della manipolazione dei materiali - che sia modellazione, cucito, cartapesta, fotografia, disegno o colore - con la pratica delle periferiche del pc, e come ultima conquista financo la modellazione 3D (con, volendo, annessa stampa) che non perde occasione, con gioia elementare, di infilare qua e là.
Nella foto: uno scatto di Giulia Sini