A.B.
8 settembre 2016
A Ghilarza, l´inaugurazione di Menotrentuno
Sabato, nuovo appuntamento con le mostre del Festival Internazionale di Fotografia promosso dall’associazione Su Palatu e curato da Salvatore Ligios e Sonia Borsato
GHILARZA - Sabato 10 settembre, a Ghilarza, nuovo appuntamento con le mostre di Menotrentuno, il Festival Internazionale di Fotografia promosso dall’associazione Su Palatu e curato da Salvatore Ligios e Sonia Borsato. Quest'anno, la rassegna biennale ha tagliato il nastro della quinta edizione e si è sviluppata in quindici mostre allestite in undici località dal nord al sud della Sardegna. All’inaugurazione, in programma alle ore 18 saranno presenti i curatori, il sindaco di Ghilarza Alessandro Defrassu e l’assessore comunale alla Cultura Paola Piras. Nell'occasione sarà presentato anche il catalogo fotografico della rassegna edito dalla Soter. La mostra “Nella boscaglia”, di Antoine Bruy, sarà visitabile nelle vie del centro storico di Ghilarza fino a domenica 2 ottobre.
Il presupposto fondamentale dell'azione culturale del festival è stato ancora una volta la fiducia nella lettura del mondo attraverso le lenti di un obiettivo, il potere dello sguardo fotografico di essere lettura e commento del mondo. Negli anni, è diventata abitudine affidarsi al codice narrativo delle immagini come percorso parallelo alle parole. Nella contemporaneità alla fotografia, si chiede il passo doppio di intervento attivo, in un momento di importanti e travolgenti rivoluzioni politiche e sociali, e di ridefinizione semantica di termini complessi e complicati come terra, confine, appartenenza, identità. Lo sguardo fotografico è quello delle giovani generazioni, professionisti dell’immagine, scelti sotto i trentuno anni di età e provenienti da differenti Stati europei che, ad ogni edizione, devono confrontarsi e sviluppare un tema. Il campo d’indagine scelto dai curatori per quest’anno è stato “Terramadre–Homeland”.
Sabato, nelle vie del centro storico, verrà inaugurata la mostra del francese Bruy; classe 1986, diplomato alla Scuola di Fotografia di Vevey, in Svizzera, nel 2011. La sua ricerca indaga le persone e il loro rapporto con la privacy, l’ambiente, le condizioni economiche e intellettuali che li determinano. Ha esposto in mostre collettive a livello internazionale. Negli scatti fotografici di Bruy ripercorreremo il viaggio che ha fatto in tutta Europa dal 2010 al 2013 in autostop; l’incontro con uomini e donne che hanno compiuto la scelta radicale di vivere lontani dalle città, abbandonando il loro stile di vita basato sulle prestazioni, l’efficienza ed il consumo. Una narrazione multipla, che intreccia storie personali e collettive, l’eterogeneità dei luoghi e delle situazioni mostra al pubblico il paradosso bellissimo della ricerca di un’utopia attraverso tentativi empirici permanenti e, a volte, attraverso errori. Strutture instabili, materiali di recupero, varie applicazioni di teorie agricole permettono di vedere la varietà delle traiettorie umane. Queste sono, in qualche modo, risposte spontanee alle società che questi uomini e donne si sono lasciati alle spalle. Quindi, la loro terra viene usata, ma mai sfruttata, il tempo ha perso la sua rigida linearità per diventare un ritmo lento e ponderato. Non più il ticchettio dell’orologio, ma il balletto dei giorni e delle notti, delle stagioni e dei cicli lunari. Quello di Bruy è stato un viaggio privo di itinerari prefissati, guidato solo dagli incontri della casualità, una ricerca, quasi iniziatica della propria Terramadre.
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