Enrico Muttoni
10 aprile 2016
L'opinione di Enrico Muttoni
Sulle trivelle non me ne vorrà Legambiente
Non me ne vorrà Luciano Deriu se mi permetto alcune osservazioni riguardo al suo intervento a favore del SI referendario [LEGGI]. Ma la lunga litania di argomentazioni ambientaliste anti trivelle contrasta con la realtà del mondo e delle condizioni in cui la nostra società è costretta, volentieri o a suo malgrado, a vivere. Dimentichiamoci subito che sia possibile fare a meno dei combustibili fossili: essi continueranno ad essere utilizzati finché ne durerà la disponibilità, sperando che un giorno la tecnologia ci offra delle valide alternative. Il nostro dovere è quello di utilizzare gli idrocarburi con intelligenza, per riuscire ad arrivare a quel giorno. E se il petrolio è indispensabile per un’infinità di applicazioni, e bruciarlo è davvero uno spreco, il metano è indispensabile proprio per non consumare dei preziosi prodotti petroliferi, tra l’altro molto più inquinanti.
Questo vale per tutte le materie prime che l’umanità estrae ed utilizza. E tutto quello che l’uomo utilizza e produce, dai diamanti alla carta igienica, è destinato inevitabilmente a finire perso o disperso nell’ambiente, nella forma in cui è stato prodotto o dopo una o più trasformazioni. E’ solo una questione di tempo. Dimentichiamoci pure che sia possibile ricorrere alle energie alternative per coprire l’intero fabbisogno: non è possibile; ed infatti finora non c’è riuscito nessuno, nemmeno la Danimarca, che pur vantandosi di ciò si appoggia alla vicina Germania. E se al contrario le energie alternative fossero davvero sufficienti, gli ambientalisti dovrebbero perdere la loro purezza intellettuale, dovendo accettare un territorio o il mare ricoperti di pannelli fotovoltaici o pale eoliche, con buona pace dell’incontaminazione del paesaggio. Dimentichiamoci infine di poter vivere in un mondo privo di rischi. I rischi per l’uomo e l’ambiente sono direttamente proporzionali alla quantità di energia posta in circolazione, ed alla sua concentrazione: se è quasi impossibile per un agricoltore avere un infortunio mortale manovrando una zappa, ne sono accaduti non pochi con le motozappe. Il lavoro è lo stesso, ma la quantità di energia messa in gioco è assai diversa.
Se vogliamo vivere in una società con infrastrutture, industrie e servizi moderni, l’energia ci serve come il pane, ed intendo l’energia in alta concentrazione, quella che fa muovere i treni, gli aerei e gli stabilimenti. Come al solito, agli ambientalisti manca un modello. Tutti noi vorremmo i trasporti pubblici di Londra, le scuole giapponesi, le banche svizzere, la natura della Norvegia… quale modello perseguono i fautori dell’ambientalismo? Essi vogliono che l’Italia si adegui ad un modello simile a…? Dovrebbero essere molto cauti nella scelta: perché di qualunque paese al mondo si tratti, dovrebbero ammettere che laggiù sfruttano una rete di energia anche (e in qualche caso soprattutto) nucleare, fatta eccezione per la energeticamente fortunata Norvegia.
Il quesito referendario al quale i cittadini sono chiamati a rispondere il 17 aprile non è nè ecologico, né tecnico: è politico. E poiché la politica è a caccia di consensi, ecco spiegata l’agitazione di molti. La realtà è che agli Italiani viene chiesto un parere sulla durata di una concessione governativa: una domanda semplicemente improponibile, la cui risposta, positiva o negativa, andrà ad influenzare dinamiche economiche, industriali, energetiche e fiscali semplicemente ignote a tutti.
Questo è un discorso rivolto agli Italiani, ai Sardi, ed agli Algheresi: i problemi ambientali di questi ultimi sono tali che la questione trivelle rappresenta, è il caso di dirlo, la pagliuzza rispetto alla trave di evangelica memoria. La cosa penosa è che, se si riuscisse col voto a soffiar via la pagliuzza, il baccano conseguente sarebbe pari a quello auspicabile per la rimozione della trave. E se tanti politici regionali e locali, che si stracciano le vesti per allontanare le trivelle, avessero l’onestà di andare a controllare personalmente la pericolosità di certe iniziative portate avanti in nome dell’ambiente, quali il riutilizzo dei reflui e la raccolta differenziata finalizzata ad un riciclo che da noi non c’è, avremmo finalmente una condizione definibile come un progresso. Personalmente, non andrò a votare, semplicemente perché non ho capito la domanda. E chiedo scusa in anticipo a Luciano Deriu, perché so che in questa storia io ho il ruolo del Grillo parlante, e lui quello del Marchese del Grillo. (Grillo? Questo nome non mi è nuovo…)
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