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Alguer.itnotiziealgheroOpinioniReferendumUna meditazione prima del voto sulle trivelle
Enrico Muttoni 21 marzo 2016
L'opinione di Enrico Muttoni
Una meditazione prima del voto sulle trivelle
<i>Una meditazione prima del voto sulle trivelle</i>

La passione con la quale molti si battono contro la prospezione petrolifera nel Mediterraneo, i no-trivelle, per intenderci, va da un lato compresa, ma dall'altro necessita di qualche commento. Perché si perfori il fondo del mare è ovvio: per cavarne petrolio o gas, i cui utilizzi sono ovvi, dato che abbiamo un disperato bisogno di energia. Tutti desideriamo il rispetto dell'ambiente: moltissimi sostengono che il Pianeta è di tutti. Quasi nessuno però spiega perché perforare a casa nostra debba essere vietato, ma l'uso del petrolio e del gas straniero, no. Così pensando, ci comportiamo da perfetti imperialisti: noi possiamo fare il pieno con la benzina prodotta dal Golfo del Messico; e chissenefrega dei lontani disastri ambientali. Non solo, i no-triv nostrani, sardi intendo, non si sognano minimamente di contestare le numerose attività estrattive minerarie e lapidee della nostra regione.

Che differenza c'è tra aspirare metano dal mare di Sardegna, e portar via il granito da Buddusò? Aspirare metano comporta qualche pericolo (possibile, ma non certo). Ma portar via granito, sabbie silicee, talco, baritina, fluorite, calcare… senza averli prima almeno semi-lavorati dimostra senza dubbio quanto siamo ignoranti e sprovveduti, e comporta la certezza di un danno ambientale di vasta portata. Gli algheresi possono dare un'occhiata alle cave di monte Doglia e monte Alvaro per avere un illustrazione. Per quanto riguarda l'ambiente, dunque, deve valere il detto latino: primum vivere, deinde philosophare. E' quindi necessario agire con le dovute cautele sull'ambiente per ricavarne materia ed energia per poter vivere e lavorare tutti; solo dopo si può pensare ad eventuali ripristini, ben sapendo che solo in parte sono realizzabili. Va ricordata a questo punto l'inqualificabile politica mineraria regionale che, senza distinzione di colore di Giunta, mantiene da sempre in vita per motivi clientelari lo sperpero delle miniere di carbone e ha tollerato avventure come la miniera d'oro di Furtei, chiusa dopo vent'anni di pesante alterazione ambientale, senza lasciare un posto di lavoro duraturo.

Conservare le nostre risorse, per evitare danni ambientali, significa d’altra parte sfruttare quelle altrui e compromettere l'altrui ambiente. Ma attenzione: gli altri ci daranno le materie prime di cui abbiamo bisogno solo se gli daremo in cambio qualcosa di utile e valido. L'Italia era un paese manifatturiero, e sapeva trasformare, molto bene, le materie prime che non ha mai avuto, se non in misura modestissima. Abbiamo al contrario ceduto le attività artigianali, manifatturiere ed industriali ai cinesi (ed altri) e vietato la generazione elettrica di gran lunga più economica, il nucleare. Infatti vediamo scemare lentamente il nostro benessere, e campiamo ogni giorno un pochino peggio sfruttando il valore valutario dell'euro: vituperato, sì, ma fortissimo. Purtroppo la maggioranza educa e prefigura ai giovani, come massima ambizione, una carriera impiegatizia o professionale, il cui massimo obiettivo è l'entrata in politica.

Ciò comporta l'emigrazione di stuoli di giovani, dovuta all'incapacità e all'asservimento dei politici, in grado di vedersi portar via le ricchezze, senza dare lavoro durevole ai legittimi proprietari. Ignorando il fatto che il benessere generale dipende dalle attività produttive, che a loro volta dipendono dalla disponibilità di energia: la quale, sia chiaro, può essere prodotta dagli schiavi, in mancanza d'altro: vuoi mettere andare da Olbia a Civitavecchia su una trireme assiro-babilonese (ovvero con rematori siriani e iracheni)? Molti sedicenti ambientalisti, ma non solo, continuano a vivere nell'equivoco nel quale erano caduti i sindacati qualche anno fa: scioperi a Carbonia per tenere aperte le miniere, e contemporaneamente a Porto Torres per chiudere la centrale a carbone. Ora non vogliamo le trivelle in casa, ma ci dobbiamo armare, e forse partire, per garantire che il petrolio libico resti disponibile. Nella follia di Amleto c'era della logica: nella nostra, no.



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